Sono un “maturato”, intendo dire che poco tempo fa ho terminato le scuole superiori e sono passato attraverso la trafila dell’esame di maturità. Quest’anno, tra le possibili tracce della prima prova (il tema), ho scelto la più gettonata: la famosa traccia di Whatsapp. In realtà, si chiedeva di sviluppare una riflessione sul concetto dell’attesa ai giorni nostri. Così ho elogiato l’attesa come strumento di emancipazione dalla ricerca ossessiva dell’efficienza, come modo per poter passare dal “negotium” all “otium”, come antidoto per la costruzione di relazioni che non siano parasociali quando oggi la comunicazione si fa coatta. Pur soddisfatto, ho liquidato un aspetto negativo dell’attesa con troppa non chalance: “l’attesa ovviamente non deve sfociare nell’accidia”. A distanza di qualche settimana vorrei quindi terminare il mio tema analizzando questo aspetto a partire da un gioco indie che l’ha fatto molto meglio di quanto avrei potuto fare io: Little Inferno.
In cosa consiste Little Inferno?
Il gameplay può essere facilmente spiegato a parole: ordini roba da un catalogo, aspetti che arrivi, la bruci nel camino e ottieni monete con cui puoi effettuare nuovi ordini. Non ci sono punteggi né limiti di tempo. Questo è tutto. A prima vista, sembra essere un'altra incarnazione del concetto di idle game che ormai tutti conosciamo e che, purtroppo, ha forse intasato i nostri telefoni: giochi che possono essere giocati ovunque, in qualsiasi momento, per qualsiasi periodo di tempo, richiedendo solo la nostra passiva presenza. Gli idle game sfruttano il tempo di attesa che si presenta nelle nostre vite quando si è in bagno, in fila o in macchina, e lentamente divorano la nostra stessa percezione di attesa, che inizia a farsi sempre più necessaria da riempire. Si finisce così per giocare prima durante una passeggiata, poi a tavola e infine persino quando siamo fuori con gli amici. Ogni breve attesa diventa l'occasione per lasciarsi prendere. Little Inferno pone il giocatore nella veste di un bambino che si trova di fronte a un camino, con l'unico scopo di passare il tempo mentre aspetta che la neve smetta di cadere, bruciando oggetti di vario genere. Il gameplay del gioco, come accennato in precedenza, presenta i tipici stilemi di un idle game senza una fine e un scopo definito. Dopo aver acquistato gli oggetti e aver atteso per alcuni secondi o minuti che siano consegnati, bruciarli nel camino permette di ottenere più monete di quelle spese, creando così un circolo vizioso.
We loved the idea of creating something that appears to be a silly casual game on the surface–but that gradually becomes a little self aware, maybe a little terrifying, and keeps going. A fireplace simulator seemed like a good, suspiciously simple, cover. It allowed us to forcefully constrain the player’s view, so they can’t look away.
-Kyle Gabler, game designer
La caratteristica distintiva di Little Inferno e la sua critica all'uso palliativo degli idle game si manifestano attraverso la storia raccontata tramite le cartoline. Queste cartoline si aggiungono all'inventario degli oggetti da bruciare e possono essere lette. Riceviamo lettere dall'Uomo delle Previsioni, che ci tiene aggiornati sulle condizioni meteorologiche di neve e freddo perpetuo, riceviamo lettere dall'inventrice del caminetto "Little Inferno" e dalla nostra vicina di casa, Sugar Plums, che cerca di instaurare un legame con noi. È proprio attraverso Sugar Plums che il gioco inizia a trasmettere il suo messaggio: questa, cerca un dialogo e delle risposte da parte nostra, ma tutto ciò che può ottenere sono occasionali oggetti che le inviamo. Sugar Plums stessa ci scrive chiedendoci di prestare attenzione alle sue lettere e di non bruciarle immediatamente. È naturale, infatti, saltarle per poi bruciarle, poiché occupano spazio nell'inventario. Le lettere di Sugar Plums, se prima frivole, diventano poi gradualmente più pregne di significato. La sua voglia di andare oltre le case e le ciminiere diventa sempre più intensa, sentendosi imprigionata e desiderando abbattere il muro che li separa. Infine, ci chiede di voltarci. Di girare la testa. Lo chiede al personaggio e lo chiede, in modo metanarrativo, a noi.
Ci viene richiesta un'azione così semplice, ma che non può essere eseguita: guardare altrove. Little Inferno è l’unica cosa che abbia senso guardare. Siamo impossibilitati a girare l’inquadratura perché impossibilitato è lui a staccarsi dal caminetto. L’attesa davanti al fuoco bruciando roba è tutto. Tutto è diventato non agire. L’unica azione meritevole di essere compiuta è bruciare ogni oggetto, comprese lettere, quadri e propri giocattoli da doverne ordinare altri costantemente. È inutile sprecare parole per spiegare il parallelo con l'impossibilità di girare la testa nel mondo reale quando un idle game ha invaso le nostre attese fino a contaminare le nostre azioni. Ma Sugar Plums riesce a voltarsi: brucia la sua casa e se ne va. Non riceveremo più sue lettere, tranne l'ultima in cui ci suggerisce una combinazione di oggetti per far saltare in aria la nostra casa. Scegliendo di terminare la storia, non sarà più possibile tornare indietro. Persa la casa, perso Little Inferno, persa quell’attesa diventata genitrice del non agire, si è catapultati nel mondo esterno. Sotto la neve, al freddo, per strada, ma nel mondo reale.
Si può infine controllare il personaggio per esplorare quello che c’è all’esterno, oltre i camini e oltre le case. Comincia così il finale di Little Inferno (di cui deliberatamente non ho intenzione di scrivere perché non voglio anticipare niente in caso non lo si avesse giocato). Si è riusciti a rompere quell’accidia nata dall’attesa per passare all’agire.