Con il mio consueto ritardo ho recuperato Baldur’s Gate 3, il gioco che a quanto sentivo dire da un anno era qualcosa di mai visto, impensabile, un capolavoro nel vero senso della parola.
Per una corretta comprensione del punto di partenza delle mie argomentazioni è necessaria una premessa “di presentazione”.
Mi sono approcciato al gioco dalla posizione di chi ha giocato Baldur’s Gate 2 ai tempi che furono, amandone molto la scrittura e odiandone visceralmente il gameplay isometrico e tipicamente “da mouse e tastiera”. Lo stesso effetto me lo hanno poi fatto, negli anni, Vampire the Masquerade: Redemption, Planescape: Torment e Dragon Age: Origins.
Inoltre, da giocatore di ruolo di vecchia data annovero Forgotten Realms tra le ambientazioni che meno mi piacciono, ritenendola senza troppe cerimonie un’arlecchinata pensata per far giocare di tutto senza alcuna attenzione all’immersione e alla coerenza del world building, aspetti per me centrali in una narrativa fantastica.
Non ultimo, trovo che il d20 system sia, anche nella sua tollerabile incarnazione di Quinta Edizione, il sistema di gioco meno premiante per le scelte dei giocatori, affidato eccessivamente al dado e, di conseguenza, il meno interessante e utile per una buona narrazione. Sono ben altri i sistemi che, più che giocare coi dadi, si preoccupano di simulare un’esperienza interpretativa (non quindi “migliori” ma certamente più in linea con i miei motivi di giocare di ruolo).
Non avevo quindi alcuna speranza di amare il gameplay e, tendenzialmente, l’ambientazione non mi avrebbe stimolato granché ma, venivo rassicurato, l’estrema libertà d’azione concessa dal gioco e l’influenza sulla trama delle mie decisioni avrebbero ampiamente compensato.
Fatte le opportune premesse, procedo a spiegarmi meglio con una lunga e informale chiacchierata. Ci saranno spoiler e, in alcuni punti, riferimenti specifici a eventi di trama utili per fare esempi più precisi.
Dopo due run, una da classico eroe e una da villain (ancora da fare una run Pulsione Oscura), il mio parere in estrema sintesi è: “molto, molto bello, ma stiamo molto, molto calmi”.
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PERCHÈ BALDUR’S GATE 3 È FIGHISSIMO
Dati i gusti sopra descritti, BG3 li ha intercettati in modo sorprendente e per motivi molto specifici.
Ok, puoi fare tutto, ma non dovresti
Nonostante il Faerun contenga davvero di tutto, gli autori di BG3 hanno circoscritto gli eventi a una zona geografica molto ristretta. In questo modo, anche la grande varietà di creature e situazioni è stata collocata adeguatamente. Una soluzione molto diversa da quella di Planescape: Torment, che iniziava a Sigil, quindi un luogo del multiverso dove tutti i “mondi” si incrociano e che può (anzi, deve) ospitare ogni razza e ogni creatura: mentre Torment “ha vita facile”, BG3 ha bisogno di pensarci su e ci pensa bene. Non solo: lo stesso “stringere il cerchio” è visibile anche sul piano tematico e narrativo. Non c’è un continuo aprire archi narrativi, ce ne sono di iniziali che rimangono quelli, si sviluppano e si chiudono, così come quelli di ogni singola quest. Bravi.
Goditelo come vuoi
Il livello di difficoltà Facile riesce effettivamente a non farmi pesare troppo il fatto che, per deambulare nelle mappe, devo premere un singolo tasto dovendomi sorbire i tragitti da ubriaco che molto spesso i personaggi decidono di percorrere o gli arbitrari ostacoli che, diciamolo, in un titolo che presume e promette di far fare più o meno quello che vuoi, danno un po’ fastidio.
Le cose che si rompono non sono sempre rotte
Una fonte di divertimento quasi inesauribile di BG3 sono le cose strane che puoi fare con il gameplay. Una accessibile fin dall’inizio: attaccare un personaggio teoricamente del gruppo, ucciderlo, derubarlo e rianimarlo avendo linee di dialogo apposite è una cosa straordinaria.
L’invisibilità è un’invisibilità vera, non si viene visti. Mi rendo conto che sembri una cosa stupida, detta così, ma in quanti altri giochi si può diventare realmente invisibili quando lo si vuole avendo attorno tutto un mondo pronto a reagire al non vederci?
Spesso in giochi di questo tipo si pensa “eh, certo che se potessi fare questo e quello col cavolo che mi troverei in questa situazione”. Ecco, in BG3 spesso si possono prendere accorgimenti veri con conseguenze e facilitazioni vere. Molto raro, quindi molto bravi.
Una questione di cervello
A proposito di espedienti narrativi proposti, ho sempre trovato indigesta la presenza di poteri psionici all’interno di un’ambientazione fantasy medievale. Per questa ragione, nelle mie campagne di D&D non sono mai andato oltre i mindflayer e ho sempre snobbato i gith, le classi di prestigio psioniche, ecc, e non ero molto ottimista al pensiero di un’intera trama concentrata su quello. Invece anche questo è riuscito ad andarmi giù senza problemi: per semplice che sia, il pretesto per unire il gruppo è incontestabile e la meccanica della lettura della mente (o del comando illithid) è talmente ordinario e ben integrato da risultare naturale.
Sento le voci
Il doppiaggio di questo gioco è ottimo.
Sospetto che qualcun altro lo abbia già notato prima di me.
Nessuna sorpresa che Newborn abbia vinto per il miglior voice acting, performance incredibile. Simmons manco a dirlo, Jason Isaacs molto più bravo di quanto Gortash meriterebbe. Bravissima anche Wilde che con Lae’zel riesce davvero a rendere l’idea di intercalare tipici di una razza non umana. Karlach ha la parlata più “carica” di emozione e istinto che io ricordi. Ma, in generale, tutti i personaggi trasmettono il loro intero carattere nel tono di voce, cosa che contribuisce a renderli iconici e memorabili.
Genuinità quanto basta
Una cosa molto complicata da scrivere in modo efficace è la spontaneità, quelle frasi che escono dette divertenti perché fuori posto o frutto di fraintendimento. Per “progettarle” bisogna ragionarci molto, il che spesso le rende artificiose. In BG3, invece, queste frasi sembrano effettivamente venute fuori per caso: gli errori di pronuncia di Lae’zel, i fraintendimenti con Minsc riguardo Boo, ma anche molti piccolissimi scambi di circostanza con personaggi meno che secondari. Non siamo allo stato dell’arte, ma funziona.
Momenti di tensione
Non ce ne sono molti ma, quando ce ne sono, funzionano benissimo.
La scelta di iniziare la mutazione in illithid è combattuta, per come viene posta, e lo è ancora di più quella di mutare definitivamente. Lo stesso dialogo con Orpheus, in realtà, è molto teso: non c’è un reale rischio ma, non sapendolo, ci si sente molto sul filo del rasoio. Il senso di pericolo durante l’incursione alla Casa della Speranza è molto ben trasmesso, e tra l’altro è coronato a meraviglia dalla fight più figa del gioco. Nel finale, la scelta sul destino di Karlach è d’impatto e può far cambiare idea a un personaggio che ha aperto tutt’altre questioni nell’arco del gioco. Questo livello è tutt’altro che costante, ma si trova in molti punti giusti. Bravi.
In generale, il fatto che BG3 sia piaciuto così tanto a me è, ai miei occhi, già un traguardo notevole, perché mi fa pensare a quanta fatica un gioco come questo debba fare per catturarmi.
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PERCHÈ BALDUR’S GATE 3 NON È POI COSÌ FIGHISSIMO
Il gioco, quindi, mi è molto piaciuto. Tuttavia è ben altro che esente da problemi e sono sia numerosi che gravi. Dedicherò un po’ di tempo alla componente narrativa, che dovrebbe essere l’ingrediente decisivo di ogni avventura fantasy (oltre a essere il mio chiodo fisso), e poi passerò alle questioni più tecniche.
Ho sentito molto lodare la narrativa di BG3, dal momento della sua uscita. Trovo sia ben fatta, quanto basta, ma tutto questo clamore mi sembra un indicatore dei tempi. Non siamo assolutamente a chissà quale incredibile livello, anzi, spesso tutt’altro.
La solita storia
Narrativamente parlando siamo di fronte, come detto, a una valida campagna di D&D. Il problema è che, spesso, le valide (e le non valide) campagne di D&D sono fatte con lo stampino e dopo 50 anni di D&D ormai anche le buone idee sono diventate stereotipi. Per riuscire a usare espedienti narrativi già visti in modo efficace è necessaria una grande tecnica narrativa o idee particolarmente brillanti, diversamente saranno tutte questioni che, vuoi in una campagna gdr cartacea, vuoi in un altro videogioco fantasy, vuoi in un qualche film, si saranno già viste… e BG3 non dà assolutamente la possibilità di renderle qualcosa di insolito sulla base di come si decide di giocare.
Vale la pena di fare un esempio specifico di “classiche situazioni alla D&D sfruttate bene”, visto che ne abbiamo uno recentissimo: la scrittura del film L’onore dei ladri è di gran lunga superiore a quella di BG3, pur essendo (consapevolmente) una mezza pagliacciata. La consapevolezza è la chiave di molti successi: se sai cosa sei e ti comporti in modo idoneo, funzionerai meglio. L’onore dei ladri è poco più di una commedia demenziale e, nel suo saperlo, riesce a dare un peso niente male alle scene drammatiche. A volte questa consapevolezza esiste anche in BG3, altre volte meno.
“I am the danger” (?)
Purtroppo, il gioco è carente in uno degli elementi più importanti per una storia fantasy, vale a dire l’antagonista. Gli antagonisti, nella fattispecie. Più o meno tutti.
L’Assoluta
L’Assoluta è una presenza che prima è evanescente, poi diventa strumento altrui e infine diventa un vero antagonista ma… troppo tardi. Non bastano un paio di scene con tiri di dado insuperabili per dare a un villain uno spessore e un’idea di potenza. Non è comunque l’entità “incaricata” di svolgere il ruolo di antagonista “portante”, quindi passiamo oltre rilevando solo, con un po’ di mestizia, che è molto “gassosa” e poco efficace.
Gli Eletti
Dicevo che, in una fase intermedia, l’Assoluta è “solo lo strumento altrui” e quindi veniamo alla nota più dolente: i tre Eletti. Gortash e Orin sono così macchiettistici da essere perfino difficilmente analizzabili. La loro caratterizzazione è debole, sappiamo che sono pericolosi perché ci viene detto ma non fanno nulla di davvero temibile (potrebbero, ma di fatto ci risparmiano la vita per motivi tutt’altro che credibili) e non c’è un solo momento della trama in cui risultino una sfida nel vero senso della parola. E se un antagonista non è una sfida, un ostacolo, uno stimolo presente, che cos’è? Il nulla.
Gortash
Quando lo vediamo la prima volta non possiamo interagirci. La seconda volta sta già diventando arciduca di Baldur’s Gate e non possiamo farci niente. Ci offre un accordo ma o lo accettiamo (rimuovendolo dal novero degli antagonisti) o lo combattiamo (togliendolo di mezzo prima che abbia detto qualsiasi cosa di sé). Se ci alleiamo con lui e arriviamo di fronte all’Assoluta, invece, viene comunque ucciso senza fatica da quest’ultima mettendo il chiodo finale sulla bara di un villain di cartapesta. Sì, “ha rubato la corona a Mefistofele”, azione incredibile, ha progettato le sentinelle che vivono grazie ad atti a dir poco nefandi, è asceso al potere da una posizione molto umile, ok, ma noi non vediamo nulla di tutto questo e invece sarebbe servito.
Orin
Quando la vediamo la prima volta non possiamo interagirci. Inizia a creare una tensione interessante quando assume le fattezze di personaggi casuali in giro per la città, ma la situazione si distende molto in fretta perché 1) non abbiamo la possibilità di agire contro di lei e 2) lei non agisce contro di noi anche se potrebbe tranquillamente farlo. Quando ci viene rivelato che c’è un mutaforma nel nostro accampamento, non abbiamo modo di investigare per scoprire chi sia anche se sarebbe stato molto bello poterlo fare e, perché no, anche rischiare di sbagliare, accusando e giustiziando un alleato (quello sì, sarebbe stato un grande gesto da villain). Infine, è lei a invitarci a raggiungerla.
Voglio aggiungere, come considerazione molto personale, che dopo due giochi Bhaal ha abbondantemente rotto i coglioni.
Ketheric
Un villain interessante con una backstory tragica, comunica potenza e non può essere ucciso finché non completiamo la quest per aggirare un ostacolo altrimenti insormontabile. Struttura narrativa classica e funzionale per un personaggio decisamente d’effetto (anche perché saremmo tutti d’effetto se ci doppiasse J.K.Simmons). Lo scontro con lui è al termine di una sezione di gioco cupa e atmosfericamente potente, le terre maledette dall’ombra, e che si intreccia alle quest fondamentali di vari personaggi del party.
Problema non da poco: a dispetto di questo enorme build-up, non è il villain finale. Il fatto che ci sia tutto un atto successivo nel quale abbiamo perso il villain “di peso” guasta un bel po’ il senso di minaccia e pericolo. Sappiamo di essere in pericolo perché ce lo dicono, ma non lo si sente altrettanto. Ma non è l’unico suo problema: oltre a non essere il villain finale non è neanche il villain “percepito” dall’inizio. Quando scopriamo che il nostro bersaglio è Ketheric siamo già alla fine dell’atto 1, atto trascorso con altri tre villain decisamente “da quest iniziale”. Ketheric appare tardi e se ne va presto, preceduto e succeduto da dei signori nessuno che lo relegano a una parentesi anziché elevarlo.
Come poteva essere gestito meglio? Pensate arrivare alle Torri, scoprirlo immortale, vedere il suo esercito che parte verso la città, andare a salvare Baldur’s Gate confrontandosi con Gortash e Orin e poi, al loro tradimento da parte di Ketheric, scoprire l’esistenza del Canto Notturno e avere una fase finale contro di lui.
Come sono fatti i villain?
Per chi ha giocato Dragon Age: Origins, pensate a Loghain. Introdotto a prologo appena finito, si sviluppa e si mostra come villain in circa un’ora di gioco e si trascorre il resto dell’avventura odiandolo. Altrettanto importante, lo si vede in azione nella sua infamia per poter continuare a odiarlo fino a che non si arriva agli atti finali, dove la sete di vendetta esplode in un climax. Ci ha fatto un grave torto, è responsabile di un disastro già avvenuto, è disposto a causarne altri per la propria ambizione, è capace, influente e vediamo nella pratica perché lo è. È un antagonista sentito, motivato, potente e presente. Nulla di tutto questo accade per i villain di BG3, personaggi che conosciamo troppo tardi e con i quali, di fatto, non abbiamo nulla a che fare se non per coincidenza.
Paradossalmente, l’antagonista che funziona meglio in BG3 è l’Imperatore che, non appena svela la sua identità, inizia un gioco di manipolazione davvero ben gestito. Si capisce che sta mentendo, ma mica sempre. Se non si incappa nelle frasi giuste, il suo vittimismo può trarre in inganno. Che si scelga di collaborare fidandosi, di allearsi per necessità o di non fidarsi per niente, l’Imperatore ha comunque una scrittura che quadra e che, a fine gioco, risulta soddisfacente (peccato per l’uscita di scena decisamente anticlimatica nel corso di una fight dove si hanno ben altri pensieri).
Chi elogia questo tipo di scrittura (e ben venga, sono contento se vi è piaciuta) dovrebbe recuperare, se il limite tecnico è sopportabile, Baldur’s Gate 2. Con molte meno parole, Jon Irenicus e Bodhi fanno un lavoro molto migliore. Anche in Planescape: Torment possiamo vedere un esempio straordinario, un villain che non risulta nemmeno minaccioso e che esce di scena in fase non avanzata di gioco ma che lascia il segno pur non essendo il boss finale: provate anche quello. E, naturalmente, Dragon Age: Origins.
Solo gli stupidi non cambiano mai idea, ma qui si esagera
La narrativa presenta anche altri problemi, altrettanto critici per l’immersione nella storia, nello sviluppo dei personaggi. Larian mostra di aver capito che un personaggio, per essere interessante, deve rivoluzionarsi attraverso le sfide. Sì, ma sfide sudate, o comunque tormentate. Non si possono vedere personaggi che, nel giro di un tiro di dado, rinnegano ciò che sono sempre stati.
Il passaggio tra la Lae’zel devota a Vlaakith e quella ribelle, così come quello tra la Cuorescuro determinata a uccidere il Canto Notturno e quella che getta via la lancia, è costituito da un singolo tiro di dado. Una prova di persuasione che, ricordiamolo, è la rappresentazione in termini di regole delle parole di una persona che hanno conosciuto a dir tanto un mese prima. Da zero a 100 in pochi secondi per un effetto che spiazza nel modo sbagliato. “Ah, ma come, era tutta qua la tua convinzione di una vita?”
Se mi consenti una run villain, me la devi studiare come quella “buona”
Non si può poi fare a meno di notare che, se si sceglie di fare una run da villain, il gioco propone sì delle scene alternative ma si mostra anche chiaramente non inteso per quello. I personaggi non compatibili con la run malvagia non vengono rimpiazzati da altri, scritti a quel fine, se ne vanno e basta. Tra l’altro, Minthara inizialmente non era reclutabile durante una run “buona” e andava bene così: la sua presenza nel party, durante le run da eroe, stride molto perché non si limita a restare con il gruppo “per salvarsi dalla ceremorfosi”, è proprio collaborativa e senza alcun particolare percorso di redenzione.
Come sempre siamo noi gli unici stronzi
In merito alla questione “party”, anche in BG3 manca quello che dovrebbe essere la norma in un mondo come il Faerun: incontrare altri gruppi di avventurieri. È un mondo che trabocca di gruppi di avventurieri ed è molto negativo, per l’immersione, che il nostro sia l’unico. Pensate se la storia avesse compreso un altro gruppo nell’atto 1 (magari legato agli Zhentarim e alla quest del forziere) e uno nell’atto 2 (avevi gli Arpisti). Pensate se si fosse potuto strappare uno zhent alla sua mafia convincendolo a unirsi al gruppo o consegnarlo al suo boss guadagnando un agente dalla setta. Pensate se nelle terre maledette si fosse potuto conoscere meglio un gruppo di 3 o 4 Arpisti e poi, colpo di scena, vederli morire tutti nella battaglia per le Torri, tutti tranne uno che, a quel punto, si sarebbe unito al gruppo. Avrebbe concretizzato due principi fondamentali in una storia fantasy: 1) I pericoli sono pericolosi e causano dolore e perdita; 2) il mondo deve muoversi a prescindere dagli eroi.
In questo, The Witcher 3 è l’eccellenza indiscussa ma anche Dragon Age (1, 2 e Inquisition) danno abbastanza bene quest’idea. In BG3, invece, tutto aspetta noi. Sono tutti incastrati in degli enormi vicoli ciechi finché noi non smuoviamo le acque. Gli Eletti sono bloccati perché noi abbiamo l’artefatto, i goblin sono bloccati perché non trovano un boschetto a 2 metri dal loro accampamento, gli Arpisti e Isobel sono bloccati finché non inneschiamo la caduta di Ketheric, Orin e Gortash sono in stallo finché noi non decidiamo cosa fare. Non è proprio questo che si intende quando si chiede di avere “agency”: le azioni degli eroi devono essere naturalmente decisive, ma all’interno di un mondo che ha una ragion d’essere a prescindere da loro. Insomma, sappiamo che la storia è una scusa per fare il gioco, ma cerchiamo di non sbatterlo in faccia in modo così inelegante.
Seriamente, giocate The Witcher 3, anche solo poche ore, se non vi piace: capirete immediatamente cosa significa avere un mondo che vive a prescindere dal protagonista.
Tinder&Tendrils
Una menzione di disonore, poi, per le romance, mediamente intrise di millennial writing (ancor più dei dialoghi generici). Leggendo le opzioni di dialogo che portavano alle romance non ho potuto non pensare che fossero scritte da quei nerd che, miei coetanei, non hanno avuto molta esperienza relazionale e non sono quindi molto capaci di riproporre relazioni adulte e interessanti all’interno di un gioco. Questa impressione è tra l’altro accentuata dal fatto che sia praticamente impossibile non vedersi fare il filo da almeno 2-3 personaggi per run (almeno). Storie che facciano della relazione romantica un elemento pesante e che lo facciano in modo serio sono davvero rare, nei videogiochi, e di sicuro BG3 non si aggiunge a quel ristretto gruppo.
Nell’ambito degli RPG fantasy, torno a consigliare uno sguardo a Baldur’s Gate 2, dove le romance erano molto più varie, molto più “scritte” e molto più memorabili, per quanto limitate.
Aggiungo una parentesi probabilmente poco di tendenza di questi tempi: scrivere i personaggi in modo tale che tutti possano avere una relazione romantica con qualunque altro membro del gruppo è cattiva scrittura. I caratteri non sono tutti compatibili e, in particolare, l’orientamento sessuale è una caratteristica dei personaggi e ognuno avrà il proprio. Rendere tutte le zone pelviche del mondo accessibili ai genitali del nostro avatar non è inclusività, è solo e soltanto un voler riconoscere (pigramente) ai giocatori il diritto di avere chi vogliono. Sembra quasi di non voler traumatizzarli mostrando loro un insieme di poligoni che pronuncia le parole “non sono interessato”, che il gioco voglia dirti “Hai la tua ship? Siamo qui per realizzarla”.
Vedere Dragon Age Origins, 2 e Inquisition per capire dove sta la forza di avere personaggi scritti e contestualizzati fino nel loro orientamento sessuale per vedere cosa succede quando le cose sono scritte bene.
L’arte dei buoni bad ending
In ultimo, quando si prevedono degli ending questi devono essere valorizzati. Nel gioco è previsto che si possa lasciar esplodere Gale alle Torri dell’Alba Lunare, il che è bene: è una scelta che ha un senso e ha perfino le sue ragioni. Quello che non è bene è che l’ending così ottenuto sia una voce narrante che dice “Oh, beh, hai scatenato gli illithid sulla Costa della Spada ma almeno hai salvato il mondo, accontentiamoci”. Ma che fai? È un finale che hai previsto o no? E allora mostralo.
Passiamo a un’altra serie di tragici problemi: il GAME DESIGN.
Il gioco è affetto da problemi di game design basilare, problemi che è incredibile trovare in così ampia quantità in un titolo che, per altri aspetti, è così curato. Sembra quasi che i dev fossero assenti alle prime lezioni del corso di game design e che poi abbiano preso il massimo dei voti in quelle successive. Mi riferisco a problemi molto diffusi con i trigger e con passaggi che dovrebbero essere automatici.
La notte porta troppi consigli
La criticità più eclatante sul piano del design delle quest è che troppe cose si attivano al riposo lungo in accampamento. Si rischia di perdere step di quest o romance perché, quando si va a riposare, deve partire una data cutscene che ne "scavalca" un'altra. Ne consegue che, se non si va apposta a riposare all’accampamento, si perdono veri e propri sviluppi di quest.
Nulla di così rivoluzionario
Rispetto a quanto si favoleggia la libertà di gestione dei combattimenti è molto più limitata. Le situazioni nelle quali un diverso approccio cambia radicalmente la sezione di gioco sono poche e circoscritte. Molti incantesimi, invece, potrebbero avere eccome effetti che invece non hanno. Ci sono certamente barili che esplodono e lampadari che possono esser fatti cadere, ma queste non sono mica cose sorprendenti. Non dici mica “oddio, guarda a cos’hanno pensato”, dici “ah ok, mi stanno segnalando quali sono gli elementi interattivi dello scontro nel modo tradizionale del videogioco dagli anni ’80 a questa parte”. Che va bene, è positivo mostrare al giocatore le sue possibilità, ma non c’è poi granché di imprevedibile, è tutto estremamente “by design”.
Ho pagato, posso giocare?
Uno degli elementi più evidenti durante i combattimenti è il tempo interminabile dei turni dei nemici. Ho capito che il gioco è a turni, ma i turni servono a me, non al nemico programmato. Diverse volte ho avuto il tempo materiale di andarmi a fare un caffè e berlo prima che toccasse di nuovo a me.
Una serie interminabile di passaggi inutili
La cosa che sembra essere meno chiara in assoluto in casa Larian è la seguente: se una certa sequenza di azioni non richiede abilità, non richiede dispendio di risorse e non presenta sfide, allora questa sequenza di azioni non è interessante e deve essere quanto più snella e rapida possibile.
Se cambiare personaggi è quasi sempre possibile tornando all’accampamento e parlandoci, non mi far tornare a parlarci, fammeli cambiare direttamente da dove sono.
Se passare un oggetto dall’inventario di un personaggio a un altro è sempre possibile e non costa nulla, fammi un inventario unico.
Se per risolvere un enigma è necessario leggere una pergamena che ho, hai una soluzione molto semplice: una volta letta la pergamena, semplicemente portandola con sé al punto X l’enigma si risolve. Se invece è richiesta un’informazione che devo aver appreso, attivami una scelta multipla e fai rispondere me. Sai cos’è che non devi fare? Farmi riaprire e rileggere la stessa pergamena già letta in precedenza in un luogo specifico già visitato in precedenza. Ancora peggio, poi, se è necessario raccogliere la pergamena con un comando diverso da quello standard per andare ad aprirla. Ancora peggio, inoltre, se la pergamena l’ho trovata e letta a 2 metri dall’enigma, quindi devo proprio spostarmi di mezzo click e rientrare nell’inventario, cercare la pergamena, cliccare su Leggi…
In altre parole, non rompermi i coglioni con mille passaggi macchinosi e inutili, passaggi che invece appestano ogni singola istanza di gioco di BG3, che sia di combattimento, di esplorazione o di utilizzo dell’inventario.
A proposito dell’inventario
Siamo di fronte a una delle peggiori gestioni dell’inventario della storia degli RPG fantasy che, ricordiamolo, annoverano eccellenze negative in tal senso come Dark Souls (e parenti) e come The Witcher 3. Non esiste una suddivisione per categorie, cosa piuttosto necessaria, quando si hanno così tanti oggetti.
Inoltre, se si chiede di ordinare (ad esempio) per “Più recenti” l’inventario viene ordinato, sì, ma raccogliendo un altro oggetto questo viene collocato in fondo, perché l’ordine non è da quando si richiede in poi, no, è solo in quel preciso momento, dopodiché l’inventario torna a essere il solito disastro casuale.
Decreto sicurezza da rivedere
Quando si viene scoperti in un’area vietata o a sgattaiolare via dopo un borseggio, si ha la possibilità di raggirare chi ci ha sgamati. Avendo successo si dovrebbe, semplicemente, essere salvi fino alla successiva violazione. Invece no: molte volte non si ha tempo di uscire dall'area in cui si viene scoperti che, avvistati da altri (oppure dallo stesso individuo, che però vede un altro membro del gruppo), si è costretti a ripetere il raggiro. Questo risulta in un loop ridicolo di prove di raggirare: la guardia vede Tizio e Tizio la raggira, però la guardia vede subito dopo Caio e Caio la raggira, nel mentre una seconda guardia si è avvicinata e allora Tizio prima e Caio dopo devono raggirare anche lei. Questo è un errore da matita rossa perché, alla fine, se ne esce menando le mani o ricaricando.
Chiusa una porta, si apre un portone (che poi si richiude)
Quando si posiziona il puntatore per cliccare su una destinazione che si trova al di là di una porta aperta, il comando diventa quello di chiudere la porta. Ora, chiedo a Larian una stima di quante volte potrebbe davvero interessarmi chiudere una porta rispetto all’attraversarla, per valutare in modo oculato quale dei due comandi dovrebbe avere la precedenza: se il percorrere la via che ho appena aperto o chiuderla di nuovo.
The floor is lava
A proposito di porte e serrature: questo gioco ha spremuto i coglioni con i tiri di scassinare. Ogni due passi c’è un tiro di dado su una serratura o su una trappola. Ora, passi per le serrature, mi sta bene che la gente chiuda le porte, ma le trappole sono ovunque. Casupole e mausolei storici piastrellati di mine per un tipo di sfida che non crea varietà (si vedono centinaia e centinaia di mine), non è divertente (rallenta artificialmente il percorso senza introdurre nessuna nuova informazione) e non è sfidante (è un tiro di dado come tutte le cose peggiori di D&D). Ridurre di ¾ quella roba avrebbe avuto solo effetti positivi. Insopportabile.
E, come se non bastasse, c’è un errore di design nell’errore di design: quando i personaggi individuano una trappola mentre si stanno dirigendo verso di essa, non interrompono il movimento che ce li fa cadere. Devono essere fermati manualmente, dopodiché, sempre manualmente, deve essere selezionata la trappola. Ma un beta test questo gioco l’ha avuto? E chi è il criminale che ha detto “ok, va bene così”?
Vorrei sapere cosa sto facendo quando clicco
A volte un clic vuol dire una cosa, altre volte ne vuol dire un’altra. Messaggio ai dev: se solitamente un oggetto cliccato viene raccolto fate sì che ogni volta in cui lo clicco venga raccolto. Allo stesso modo, se solitamente un oggetto basta averlo in inventario per usarlo dove serve, fate sì che ogni volta sia così. Non vi inventate dinamiche pseudobrillanti che in realtà sono solo errori di game design. La difficoltà di una sfida deve stare nella sfida, non nell’orientarsi tra comandi ubriachi e contraddittori.
Sapete perché nel mondo vero gli ascensori hanno le porte?
Vi racconto una storia: salgo sull’ascensore, lo attivo, i personaggi del gruppo non salgono tutti (perché non è prevista un'animazione che li avvicina prima di usare un ascensore nemmeno quando è attivato il collegamento di gruppo). Torno giù a prendere chi non è salito e l'ascensore ne uccide uno perché è nella hitbox e non si sposta. Ho dovuto usare una pergamena per riportarlo in vita. Credo non ci sia bisogno di spiegare quanto tutto ciò sia da rivedere.
Signor png, siamo tutti qua, dica quel che è venuto a dire
Normalmente un png appare e dice quello che deve a prescindere dal fatto che al momento il pg specifico non sia nel party. È giusto che sia così, sarebbe assurdo se dovessi mettermi a cambiare membri ogni volta. Perciò, è un errore cambiare le carte in tavola e richiedere, talvolta, la presenza del personaggio specifico nel team attivo pena il non triggerare il dialogo.
Esempi in game: se Mizora parla a prescindere dalla presenza di Wyll (eventualmente andando all'accampamento) e se Elminster dà la sua missione a Gale anche se non è nel party prima delle Terre dell'Ombra (eventualmente va all'accampamento), poi è sbagliato mettere Elminster nell'accampamento con il punto esclamativo finché non: 1) cambi party; 2) muovi Gale e 3) ci parli muovendo direttamente lui. Gale è lì, triggera il dialogo e basta.
Se la regola è che quando clicco ti sposti tu, spostati tu
Se indico a un pg la destinazione a volte dice "percorso interrotto" o "non raggiungibile", ma se mi sposto lateralmente di qualche metro oppure se salto ci arrivo. Ma allora spostati/salta, no? Se non siamo in combattimento e non mi costa azioni vai dove ti ho detto di andare. Già il gameplay isometrico porta con sè un’inevitabile sensazione di lentezza e fatica nel muoversi, se poi il gioco si bugga nella lettura dei percorsi diventa una tragedia.
(edit: ho avuto modo di notare lo scandalo che il punto del game design solleva fra alcuni amanti del gioco che, replicano, “BG3 è stato in early access per anni, il beta test l’hanno fatto i giocatori”. È chiaro che in nessun modo questo può costituire attenuanti, ciò che è accaduto pre-release non ha alcun peso nella valutazione del prodotto finito. Casomai, la partecipazione dei giocatori a un test così lungo solleva dubbi su ciò a cui sono abituati per non aver individuato nessuno di questi problemi. Il fatto che in anni di tempo giocatori e dev assieme non abbiano rilevato nessuno di questi intoppi è molto più indicativo del basso standard che oggi è sufficiente raggiungere per essere applauditi. Capita molto spesso, come con i Souls, che la fanbase e gli amanti di un dato genere si abituino così tanto ad alcune storture tipiche da non vedere quanto siano, lato design, goffe, macchinose e mal pensate. Ci sono moltissimi problemi di design, nei Souls, eppure piacciono lo stesso. È oltraggioso farli notare? No, è inutile negarli ed è utile evidenziarli per sapere come i videogiochi possono migliorare.)
Il gioco è decisamente uno solo
Voglio dedicare infine un po’ di tempo a riportare della proporzione in una lode che sento fare al gioco: “in base alle scelte che fai e a come scegli di giocare, è praticamente un altro gioco”.
Signori, no.
Le differenze presenti se, ad esempio, si decide di attaccare il Boschetto di Smeraldo rispetto al salvarlo sono interessanti e ben proposte, ma l’impatto che hanno sulla storia principale, sia quantitativamente che qualitativamente, è molto basso.
Addirittura, si può condannare il bosco, ignorare la maledizione dell’ombra e, nella scena finale all’accampamento, ricevere da Halsin una lettera di ringraziamento indirizzata al “compare dei momenti più duri”. Con, allo stesso tempo, a fianco, una pagina di gazzetta con scritto che molti si stanno dirigendo a monte visto che la maledizione si starebbe ritraendo (quando Halsin, nella lettera, dice che è più opprimente che mai).
Si può lasciar rapire Isobel da Marcus, raggirare Jaheira, lasciare che la maledizione inghiotta l’intera Ultima Luce, lasciare che Minsc muoia nelle fogne, fare patti col diavolo, un sacco di altre schifezze e l’Alta Arpista, guida delle spie, continuerà a far parte del gruppo inconsapevole di avere di fronte il male incarnato. Sono riuscito a sbarazzarmi di lei solo sacrificandola a Bhaal e quasi mi aspettavo che non capisse nemmeno a quel punto lì.
Il gioco è solidissimo nel tenerti sul suo binario, le uniche volte in cui non lo fa è per specifiche “sacche” di eventi che costituiscono solo un binario alternativo, una piccola deviazione senza effetti reali che presto si riunirà al filone principale. C’è molta libertà di azione e interpretazione in un sacco di aspetti… perlopiù inutili, nell’economia della trama. Addirittura, capita non di rado che le linee di dialogo in risposta a una nostra opzione siano esattamente le stesse a prescindere dalla frase scelta. Che una decisione abbia effetti dirompenti sulla storia complessiva è estremamente più raro di quello che si va dicendo. È un problema: quando si danno molte opzioni, poi quelle opzioni devono avere delle conseguenze.
Titoli come Dragon Age: Inquisition sono stati giustamente criticati per il poco peso dato ad alcune delle scelte che creavano malcontento o che, comunque, facevano sì che il protagonista apparisse come un personaggio negativo. Sono critiche giustissime: se il gioco di ruolo mi fa fare scelte terribili poi devo essere visto come un individuo terribile. Per questo motivo, la stessa cosa va imputata a BG3.
Quindi, sì, le scelte hanno un effetto, ma la storia è una e tu sei chiamato a percorrere quella e solo quella. È un problema? Non più di tanto, è un limite tollerabile nel contesto di un titolo che ha molti approcci diversi, ma non fingiamo che non sia così.
IN CONCLUSIONE
Abbiamo di fronte un bel titolo, ma anche molto, molto lontano dal capolavoro e anche solo dal lavoro a regola d’arte. Un game design sporchissimo, una narrativa comunque molto semplice, dei dialoghi decisamente nella media (che oggi come oggi non è altissima). Ci stiamo stracciando le vesti di gioia perché possiamo far esplodere un barile o spingere di sotto qualcuno? Perché fa parlare i gatti come nei meme dei millennial su Facebook? Perché ci regala le romance? Tutto questo eclissa un funzionamento fallato nelle meccaniche più basilari, meccaniche che erano fallate già 25 anni fa e che, oggi, volendo proporre di nuovo questa formula, dovrebbero essere la prima cosa da mettere nel mirino per eliminarle?
Ben vengano giochi come BG3, che ha suoi grandi meriti soprattutto per ciò che si è tentato di fare e per l’approccio che pare esserci dietro allo sviluppo di un gioco del genere, ma c’è molto su cui lavorare, specialmente sulle basi, prima di parlare di un gioco fatto a regola d’arte.
Ultima modifica: 25-01-2025 - Nessuna modifica sostanziale, solo alcune frasi corrette dopo aver visto come scorrevano meglio in lettura.