Mi è capitato spesso sia di trattare positivamente che di denunciare negativamente molti titoli videoludici che rientrano nella categoria dei “gacha game”, una variante specifica di alcuni mercati asiatici di giochi con meccanismi basati sulle microtransazioni, in occidente solitamente associati al termine più universale di “loot boxes”.
Mi riferisco a quella categoria di videogiochi che non chiedono denaro per essere installati o per essere giocati, ma che cercano il guadagno attraverso una serie di tattiche predatorie che inducono chi si immerge al loro interno a spendere cifre spesso assai irragionevoli, per ottenere ricompense quasi impossibili da rincorrere salvo avere una fortuna estrema o, in sua assenza, per l’appunto con tale contributo in denaro.
Questi titoli sono fioriti con l’evoluzione della tecnologia mobile, che ha consentito ad apparecchi veramente piccoli e diffusi pressoché ovunque di installare applicazioni molto vicine al livello qualitativo di giochi per console e PC. E come approfondiremo andando avanti, anche la decisione di confinarli principalmente in simili apparecchi fa parte della strategia commerciale dietro alla loro ideazione.
Da qua in poi mi riferirò al termine gacha per una mera questione di familiarità: sono gli unici con cui ho avuto simili esperienze personali. Tuttavia quanto dico si può estendere a ogni gioco che preveda meccaniche simili a ciò che andrò descrivendo. Voglio comunque fare un paio di importanti premesse, che sono fondamentali per filtrare altrettante contestazioni che quando si affronta l’argomento emergono con inesorabile puntualità, specialmente quando si inizia a fare il nome di un gioco a cui si è particolarmente appassionati e l’istinto di difenderlo supera ogni ragionevolezza.
La prima è che le mie osservazioni sono unicamente contrapposte agli espedienti che il titolo ha progettato per invogliare subdolamente alla spesa in denaro vero, ma non alle qualità del gioco in sé. Per rendere chiaro cosa intendo, vorrei fare un esempio specifico.
Le ragioni per cui ho seguito Genshin Impact, l'action RPG open world sviluppato dalla software house cinese MiHoYo, sono state l’ottima gestione narrativa (chi non l’ha provato a fondo non ci crederà con facilità, ma vanta un worldbuilding che si racconta in modo molto simile alla saga dei Dark Souls, posto ovviamente non condividerne la profondità), il comparto artistico evocativo (che ha ricreato nei vivaci colori luoghi ispirati a splendidi panorami reali, in special modo alcuni ricercati scorci cinesi) e il gameplay dinamico e divertente, apprezzato anche in virtù dell’abbandono della piattezza automatica tipica di questo genere videoludico, per abbracciare un funzionale sistema di semplici strategie e combinazioni rapide (tra attacchi, potenziamenti e reazioni elementali) che costringono a – sembra strano doverlo specificare, vero? – giocare il titolo attivamente.
Al contempo, la ragione per cui il mio primo intervento in merito è stato di denuncia è che la sua eccellenza è stata biecamente sfruttata come strategia per fare leva sulle debolezze di chi non sa frenarsi dal mettere mano al portafogli, posto di fronte a tentazioni ben calcolate.
Da cui, il succo di questa premessa è che bisognerebbe sempre cercare di essere consapevoli dei difetti di ciò che si ama – e anzi, talvolta in ciò si trova la più onesta forma di apprezzamento e critica.
La seconda premessa riguarda la contro-argomentazione più comune al problema dei gacha, che è reazione frequente e istintiva dei fan di un titolo di questo genere che riescono a evitare acquisti compulsivi. Mi riferisco a quando il singolo individuo si fa vanto di essere emancipato da ogni meccanica predatoria, sottolineando come non sia vero che sia necessario pagare, dato che nel suo piccolo riesce giocare al titolo senza farlo; da cui, correlatamente, la percezione che si ha è di una casa onesta e generosa.
La cosa talvolta viene portata oltre, già che si ritiene lecito che avendo comunque bisogno di entrate scelgano il modo più efficace di ottenerle – ancor più se sono altri a fornire questo supporto, lasciando il non pagante libero di godersi l’esperienza senza mettere mani al portafogli.
Tuttavia, il fatto è questo: si può andare legittimamente fieri di avere una forte volontà e una fermezza assoluta, dato che si tratta di qualità decisamente utili nella vita, ma il problema degli stratagemmi inventati da chi produce questo tipo di giochi, è che sono mirati a colpire persone vulnerabili e incolpevoli. L’orgoglio per essere superiori alle tentazioni dovrebbe fermarsi dove inizia a diventare complicità con brand spesso anche molto famosi, e che davvero non stanno facendo la fame.
Ciò che rende queste vittime tali, è proprio l’incapacità di reagire a forme di coercizione particolarmente efficaci e per questo puntualmente immorali.
Basti pensare a quanti esempi di maltrattamento dei più deboli troviamo deplorevoli nella nostra società, per capire che non è sufficiente sapere che a noi la cosa non tocca, per stare sereni: un’ingiustizia rimane tale anche se non siamo noi personalmente a soffrirne e in molte circostanze ci aspettiamo – o pretendiamo – che qualcuno la combatta.
Se state giocando a un gacha molto popolare e siete tra coloro che riescono a non spenderci denaro, fermatevi un secondo a fare una ricerca su quanti soldi quel titolo sta incassando: risulterà evidente che sta guadagnando ben più di quanto gli serve e avrebbe facoltà di mitigare – se non proprio di cessare – l’uso di strategie così spietate.
E non bisogna illudersi che solo le persone più ricche stiano contribuendo, perché fenomeni come la ludopatia sono fuori controllo e prosciugano spesso proprio chi non può permetterselo.
Inoltre, piccola ma importante parentesi, non illudetevi che evitare una spesa in denaro non abbia comunque un prezzo. Come intelligentemente discusso nel video di WesaChannel “Loot box, gioco d'azzardo e giochi senza fondo”, la maggior parte di questi giochi esige da chi non sborsa soldi veri una valuta per certi versi ben più preziosa: il tempo.
Infine, il vecchio detto "ognuno fa quel che vuole con i propri soldi" o "sono affari di chi ci spende, a me non cambia nulla" ha senz’altro funzionato come scudo perfetto per anni – ma il fatto è che viviamo interconnessi l'uno all'altro, e per quanto ognuno sia libero di fare quello che vuole con i propri soldi o in alcuni casi sia addirittura una vittima del sistema, le sue azioni volontarie o forzate mettono in movimento il circuito di conseguenze che ci porta a sbuffare, giustamente a mio avviso, ad ogni annuncio di un nuovo capitolo della nostra saga preferita che si rivela essere per mobile, quasi inevitabilmente sotto forma di gacha game.
Detto questo, voglio descrivere alcune sfaccettature di questi meccanismi predatori, che aiutino a riconoscere i peggiori giochi di questa categoria e a distinguerli dai migliori.
1. Il formato mobile.
La scelta di promuovere un gacha esclusivamente nel formato mobile non è casuale, così come non lo è quello di non farne una variante per PC. Tra l’altro esistono emulatori che funzionano proprio su PC senza il minimo intoppo, dato che sia il formato immagine che le sue funzioni tecniche sono convertibili, dimostrando che una versione da giocare con altri supporti sarebbe di semplicissima realizzazione.
Naturalmente esistono altri motivi laterali per tale decisione, quale un controllo sull’identità per arginare la possibilità di account multipli o l’aiuto alla vendita incrociata di apparecchi più potenti per reggere l’applicazione.
Tuttavia, la ragione per cui è scelto tale formato è per dare la sensazione di un gioco dalla realizzazione poco impegnativa e avere in questo modo l’alibi perfetto tanto per promuoverlo come gratuito, quanto per crearlo con una cura grafica molto ridotta rispetto ai titoli da console.
Tolte poche eccezioni – tra cui la più notabile e recente è proprio Genshin Impact, che ha il merito di aver svelato quanto l’associazione forzata tra il genere e il supporto sia ingannevole – avremo spesso a che fare con qualcosa di decisamente semplicistico tanto per qualità che sotto l’aspetto tecnico. Tenere il livello della grafica così basso è anche scusato dal bisogno di essere compatibile con più apparecchi possibili, ma qua si cela l’altro motivo per cui il modello commerciale dei gacha è così lucrativo per le case che lo adottano.
Infatti, se togliamo quelli di scarso successo, conseguenza più che altro del recente sovraffollamento di questo genere, proprio in virtù di tale esigenza avremo giochi che costa assai poco sviluppare e in cui aggiungere novità periodiche sarà molto meno faticoso e costoso di come non sia, per esempio, in tanti MMORPG di ultima generazione.
Di contro questi titoli hanno il potenziale per incassare molto più dei giochi per console, siano essi classici single-player o multiplayer massivi.
I costi ridotti si estendono peraltro al di là della grafica semplicistica, dato che senza l’ergonomia di un controller o la complessità della mappatura da tastiera, ciò che consente di fare uno smartphone è ben poco. Da ciò ne deriva che anche il gameplay è di facile progettazione e richiede meno lavoro.
In altre parole, l’alibi per lavorare meno diventa il modo legittimo per guadagnare di più.
2. Lo slancio iniziale.
Qualsiasi titolo di questo genere offre uno sproposito di conio di gioco e risorse alla partenza.
Pescate gratuite in gran quantità, la valuta per farne altre e provare e riprovare a prendere personaggi, armi e qualsivoglia tipo di risorsa senza timore di restarne a corto.
Il presupposto è che si abitui la mente del giocatore all’idea di dipendere dal conio che potrà poi essere acquistato per soldi veri, invogliandolo a fare tutto ciò che sia necessario per mettere le mani su ogni granello che gliene verrà offerto.
In teoria questo è uno degli aspetti più facili da notare della disonestà del sistema, perché quando il rubinetto iniziale viene chiuso e ridotto a un lento sgocciolare, ci si dovrebbe rendere conto che la generosità era solo un’esca che serviva per nascondere quanto poco gli sviluppatori fossero disposti a dispensare tali risorse.
Quel che succede però è che la riconoscenza per questi “regali” risulta sorprendentemente duratura e nel mentre il gioco offre un sacco di attività che distolgono completamente dall’erogazione ridotta. In questo modo, per quando si è arrivati alla fine della parte introduttiva la percezione delle entrate si sarà normalizzata rispetto al flusso ordinario.

3. Pacchetti disomogenei.
Quando si acquista la valuta per effettuare le pescate, si scopre che i pacchetti in vendita per pagarla non sono quasi mai omogenei rispetto a quanto ci si aspetterebbe.
Il buonsenso suggerirebbe uno scambio euro/conio che permetta di comprarne una quantità ben precisa, così da prendere solo quanto occorre a ottenere la ricompensa ambita di turno. In alternativa o aggiunta potrebbero esserci pacchetti che offrono un ammontare corrispondente a quanto serve per arrivare alla pescata garantita.
Quel che succede in realtà è che per come sono preimpostate le varie offerte, per la cifra pagata si ottiene sempre troppo o troppo poco rispetto a quanto necessario, il che garantisce che statisticamente sia o necessario un nuovo acquisto se non si è stati fortunati, o che le risorse inutilizzate finiscano ad avanzare.
Correlatamente, alcuni titoli mettono modi di spendere tali eccessi in ricompense a cui normalmente non si presterebbe attenzione, ma che nell’ottica di chi ormai ha visto i suoi soldi veri scomparire sembreranno gratuite. Questo è un altro trucco dei gacha: una volta che il denaro è stato speso e convertito in moneta di gioco si ha la sensazione illusoria che non si sta più pagando niente, e ciò è a sua volta aiutato proprio dal fatto che non essendoci una semplice conversione diretta tra moneta reale e conio, l’effettivo costo è camuffato dietro liste di pacchetti volutamente disordinati e disomogenei nel rapporto di scambio.
4. Le valute multiple.
Un trucco che i gacha adottano per distogliere il giocatore da quanto in realtà sta spendendo e consumando, è l’utilizzo di diversi tipi di valuta.
Invece di subordinare ogni spesa interna al gioco a un solo conio, esistono infatti molte variazioni sul tema: monete, cristalli, oggetti da infondere e molti altri elementi che compongono il sistema economico sono dissimili e disomogenei nel modo di ottenerli, nella rarità e in come vanno utilizzati. Persino la valuta per effettuare le famose pescate, quella ovviamente più importante, a volte ha delle variazioni come biglietti monouso per pescate omaggio o simili.
Tanto più il sistema è diversificato, tanto più chi spende dissocia d’istinto il denaro in gioco da quello reale e ha quindi l’illusione di essere all’interno di un circuito separato e indipendente.
Andando alla radice si può scoprire però che quasi ognuna di queste risorse diversificate si può ottenere nello stesso modo, ovvero pagando con soldi veri. Pertanto in ultimo arrivano al portafogli del giocatore che non ha la pazienza di aspettare i tempi normali previsti per ottenerle, bersaglio delle case videoludiche che progettano questi meccanismi e che nel suo stato di confusione, è beatamente sviato da come tutto si faccia risalire alle sue tasche.
Poiché in somma ultima, quella è l’idea alla radice: far spendere tanto, senza che la vittima se ne renda conto.

5. La scarsa rilevanza dell’abilità personale.
Si può riconoscere un gacha tradizionale per un altro aspetto: le risorse contano molto più dell’abilità.
In modo simile a cui nei RPG succede che salire abbastanza di livello permette di ignorare meccaniche e difficoltà degli scontri, così nei gacha questo effetto si ottiene in modo significativo solo con l’accumulo di ricompense che si possono avere esclusivamente con il conio di gioco e quindi, se le si vuole ottenere in maggiore quantità e più in fretta, pagando.
Le cosiddette “balene” – ovvero coloro che gettano centinaia se non migliaia di euro per potenziarsi – hanno sempre un vantaggio sleale su chi si impegna a imparare bene le strategie magari proprio perché, mancando di certe risorse, deve sfruttare al meglio le poche che ha.
Questo rientra nel modello noto come pay-to-win, attribuibile anche a titoli esterni alla categoria dei gacha, ovvero la pratica con cui è possibile trionfare e superare qualsiasi difficoltà semplicemente pagando abbastanza.
Il risultato è migliore se le meccaniche del gioco sono estremamente semplicistiche, in modo che chi è meno abile con una particolare categoria non risenta della sua incapacità e possa trionfare contro quelli che non stanno pagando.
La versione più immorale di questo sistema si ha se esiste una modalità PvP, giocatore contro giocatore: in quel caso chi ha sborsato denaro, ha di fatto pagato proprio per il privilegio di umiliare senza appello chi non l’ha fatto.
Quelli che non sopportano tale ingiustizia arrivando al punto di abbandonare il gioco sono rari, ma sono le stesse persone che tipicamente non avrebbero sborsato un soldo per lo stesso – e di cui la casa sviluppatrice non sentirà quindi la mancanza. Viceversa chi accusa il colpo male e si impunta, sarà trascinato nel gorgo perché vorrà pagare a sua volta per rivalersi.
6. Occasioni a tempo limitato.
Una delle strategie forse più note dei gacha è offrire qualcosa di estremamente interessante, ma dare un limite di tempo ben preciso per ottenerlo. Ad aggiungersi a questo anche gli eventi con ricompense speciali sono opportunamente limitati, in genere nell’ordine di due settimane massimo per completarli.
Questa manovra ha un duplice scopo: contestualizzare la scarsità di conio ottenibile gratuitamente, e mettere una continua urgenza di essere presenti per le novità, senza mai perdere l’opportunità giornaliera di accumulare le risorse.
Per questi motivi, giocatori che per esempio nei MMORPG si prenderebbero occasionali pause, nel caso dei gacha sanno che ogni giorno in cui non si connettono è un giorno in cui perdono qualcosa. Ciò naturalmente ha la forza aggiunta di instaurare un’abitudine, così da rendere impossibile togliere il gioco dalla propria testa.
Altro aspetto interessante, questo ambito è uno di quelli in cui l’equivalenza tra conio interno e denaro vero funziona al contrario, ovverosia la consapevolezza del rapporto tra i due diventa un promemoria particolarmente efficace su chi gioca gratuitamente.
Infatti, poiché chi non paga si sente fiero di sapere che sta ottenendo qualcosa per cui altri usano il portafogli, attribuirà un valore anche maggiore alle risorse che può avere solo con la presenza costante e avrà l’illusione di stare risparmiando soldi – o addirittura di starli guadagnando.
Al contrario chi paga per avere quantità esorbitanti di conio in gioco potrebbe sentirsi libero di trascurare questi eventi, sebbene in genere non lo faccia: dopotutto proprio perché ha speso su quel titolo enormemente più di quanto abbia mai fatto in vita sua per qualsiasi altro gioco, ogni scusa per usare i frutti dei suoi sacrifici è benvenuta.
E al di là degli eventi, quando arriva il banner che contiene l’oggetto del suo desiderio, il giocatore non pagante soffrirà molto la scarsità delle sue risorse e sarà tentato di cambiare politica, mentre il giocatore pagante avrà perso ogni scrupolo e sarà proprio durante tale occasione che consumerà tutti i suoi risparmi, sapendo che ha solo una breve finestra di tempo per vincere le sue ricompense.
A parte quanto ovvio, ciò che rende ulteriormente abietta questa meccanica è come, pur di limitare queste opportunità, talvolta vengono rimossi dal gioco interi segmenti di storia disponibili solo per quella finestra di tempo.
7. L’effetto dell’aspettativa.
Come nel mondo dei videogiochi – e non solo – si tende a convincere a comprare un prodotto ancor prima che sia stato testato e recensito, così anche i gacha sanno come accattivare e persuadere che qualcosa in arrivo sia desiderabile ancor prima che la gente abbia accertato se lo sia davvero.
Questo effetto si può ottenere in più modi: per esempio una buona costruzione della narrativa può fomentare la curiosità per un personaggio. Per citare un caso pratico proprio nell’ambito dei personaggi, non è un caso se quelli meglio venduti in Genshin Impact sono gli stessi presentati come divinità, laddove i secondi di maggior successo risultano essere quelli dall’estetica più accattivante, a volte valorizzata da cutscenes in cui vengono dipinti in chiave esaltante.
In altre occasioni ci pensano i meri numeri a vendere qualcosa: per esempio se un’arma o un personaggio vengono promossi come eccezionali da chi ha avuto l’opportunità di studiarne in anticipo l’efficacia, magari perché ha accesso alle versioni beta, saranno direttamente gli influencer, volenti o nolenti, a venderli ai loro fan che a loro volta spargeranno la voce.
Il che porta al punto successivo – nonché il più controverso da trattare.
8. La complicità degli influencer.
Questo è un argomento molto delicato, sia perché può essere visto come un attacco a figure importanti nel panorama di piattaforme come Youtube e Twitch, sia perché pur non essendo famoso a sufficienza da essere considerato tra esse, è indubbio che anche io narrando alcune storie su Youtube possa aver influenzato un certo numero di persone.
Nel mio piccolo, ho sempre cercato di parlare dell’aspetto narrativo dei titoli trattati, a volte portando direttamente chi era interessato unicamente alla trama a poter evitare del tutto il contatto con il gioco in sé, oltre ad essere trasparente su quali fossero i difetti di questi meccanismi predatori e su come non solo danneggino il portafogli della gente, ma anche elementi come la fluidità narrativa di un gioco per il bisogno di fare il massimo del profitto il più a lungo possibile.
Ciò nonostante ho parlato con grande fedeltà e puntualità di storia, lore e worldbulding di alcuni giochi del genere, pertanto non posso iniziare a fare un processo a chi promuove titoli che tratto a mia volta senza ammettere in ciò almeno una punta di ipocrisia.
Il modo in cui ho fatto pace col dilemma etico è decidendo che se qualcosa è bello, per quanto corrotto, evidenziarne gli aspetti migliori va bene purché si rimanga pienamente consapevoli della verità – e si avvisi dei pericoli e dei difetti chi è disposto ad ascoltare, evitando ovviamente di celebrarli.
Per essere del tutto senza colpa forse bisognerebbe evitare di prendere parte al gioco o in ogni caso di esaltarne le reali qualità. Ma d’altro canto, gli appassionati di un titolo difficilmente ascoltano chi non lo sta provando, dando per scontato che parli forte di mera ignoranza, scontatamente colpevole di sciocco pregiudizio. E tenersi in disparte è in un certo senso a sua volta una forma di complicità, perché permette a chi di dovere di prosperare indisturbato nel suo crimine.
Quindi non sono sicuro di sapere dove si tiri la linea di confine dell’etica, né quale sia la soluzione concreta al problema: lascerò che siano altri a giudicarlo.
D’altronde, esistono cose che è ovvio superino questa linea e guardando soprattutto alla comunità internazionale, molti influencer di alto profilo non si accorgono dei danni che causano quando adottano simili comportamenti.
Ci sono molti esempi di questo, ma per non allungare troppo l’articolo mi soffermerò solo sul più eclatante.
Uno dei momenti più amati e voluti da tutti coloro che seguono gli streamer dei gacha è quando questi si tuffano nella serie di pescate sui banner dell’ultima patch, generalmente esaltate ed enfatizzate da scritte ed effetti che sembrano voler competere con i cartelloni pubblicitari di Las Vegas.
Il momento è celebrato con somma euforia e i fan tengono le dita incrociate insieme a quelle dell’influencer di turno – salvo gli spettatori che si trovano lì per il motivo opposto, ovvero per godere delle sue eventuali disgrazie.
Questi eventi sono una forma di validazione dell’intero meccanismo predatorio, già che forti delle donazioni che stanno ricevendo per via dell’incrementato volume di pubblico e il modo in cui sono fomentati dallo stesso, talvolta perdono i freni inibitori e iniziano persino l’acquisto compulsivo di conio di gioco davanti ai loro fan. L’ironia della cosa è davvero straordinaria, perché di fatto i donatori stanno mandando denaro mentre assistono in tempo reale a come viene sperperato.
Il problema vero è che il fanatismo produce emulazione e quindi tramite certe azioni si finisce a incoraggiare chi guarda a rivivere l’esperienza personalmente, aumentando inconsciamente la voglia di tuffarsi in quello che è a tutti gli effetti gioco d’azzardo.
Se le persone ammirate invece di criticare certe meccaniche immorali ne fanno uno spettacolo celebrato, mancando di educare alla moderazione e al contrario nutrendo la voglia di fare come loro, i dubbi su quanto sbagliato sia ciò che si sta facendo finiscono dissolti e la percezione basata sul buonsenso che fare altrettanto sia sbagliato, si dissolve in un bisogno compulsivo di emulare le azioni del proprio idolo.
Come accennato ci sono molte altre forme con cui si può supportare questo fenomeno, talvolta senza neppure rendersene conto. E se ci si abitua all’idea che giochi con queste strategie siano ormai così comuni da essere leciti, recensendoli senza neanche più farci caso, il pubblico si adeguerà a tale ottica e nessuno farà quanto andrebbe fatto, come pretendere che vengano imposte leggi che stabiliscano forti restrizioni o controlli quantomeno su determinate fasce d’età.
9. L’investimento irrecuperabile.
L’ultimo punto di cui discuteremo in questo articolo – ma non necessariamente l’ultimo che si potrebbe discutere – è la fidelizzazione del giocatore.
Ad onor del vero, i primi giochi che adottarono questa strategia furono gli MMORPG.
Il concetto è tanto semplice, quanto efficace: più soldi e tempo si investe per accumulare risorse, ricompense e potere all’interno di un gioco, più è difficile lasciarlo per la percezione intrinseca che nel momento stesso in cui si smette, tutte le proprie fatiche saranno state in vano.
Questa sensazione in scala più piccola vale persino per molti multi-player competitivi, e in senso lato persino per alcuni single-player che abbiano chiesto innumerevoli ore prima di essere padroneggiati: le abilità ottenute non sono trasferibili di solito in nient’altro che un sequel di quella determinata saga, se mai ne uscirà uno, e imparare da zero qualcosa in cui ci si sente comparativamente imbranati può essere psicologicamente debilitante.
Tuttavia i gacha portano questo concetto molto oltre, perché per quanto si diceva prima chi spende denaro di solito lo fa arrivando a cifre così ridicole che se gli fosse stato detto, prima di iniziarlo, che anche solo una frazione di tale somma era il prezzo per l’acquisto del gioco, non avrebbe mai preso in considerazione di comprarlo.
Il che porta a una semplice formula, secondo cui la fidelizzazione dei gacha è proporzionale ai soldi investiti e quindi chi spende di più, è meno probabile sia in grado di smettere di giocarlo. Dal momento che queste persone sono anche quelle che fanno guadagnare di più la casa videoludica, in un colpo solo quest’ultima se ne assicura la fedeltà e ottiene un’entrata regolare.
Questo è particolarmente grave perché è un problema molto simile a quello della dipendenza da gioco d’azzardo e chi viene risucchiato nell’evidente circolo vizioso di questo meccanismo, talvolta ne può uscire solo dopo aver sfiorato se non direttamente raggiunto la rovina economica.
Non esiste nessun modo di avere indietro i soldi spesi – nemmeno la pur rarissima fortuna del vero gioco d’azzardo – e per poter mantenere prestigio e predominio dati dalle risorse ottenute, occorre continuare a spendere ed essere presenti. Questo perché ad aggiungersi a quanto detto finora, all’interno di questo genere esiste anche un prevedibile sistema di obsolescenza per il quale nel giro di pochi mesi tende ad uscire qualcosa che surclassa ciò che si è ottenuto in precedenza – e se si smette si rischia di conseguenza di subire l’onta di venire sorpassati persino dai giocatori non paganti.
In conclusione, non voglio fare necessariamente appello alla coscienza pubblica o arrogarmi il diritto di dire come si dovrebbero o meno spendere i propri soldi. Sarebbe pretenzioso, se non direttamente sbagliato.
L’unica cosa veramente importante è assicurarsi di essere ben coscienti di quello che si sta facendo e di ciò che queste case videoludiche fanno a tutti i giocatori: i più scaltri, i più deboli, e persino chi non si interessa del tutto di questo genere, perché subirà comunque in altro modo la sua presenza sul mercato – dal mancato nuovo capitolo di una serie amata, che ha scelto la via più remunerativa del modello gacha ottenendo una trama diluita e un gameplay inesistente, alla chiusura diretta di titoli fondati su spunti eccellenti, che non funzionando in un simile contesto accelerano persino la tumulazione delle saghe di cui fanno parte, che di conseguenza non riceveranno più alcun seguito.
Siamo tutti vittime di qualche vizio e ogni persona tende a scegliere determinate cose a cui abbandonarsi in eccessi, ma è quando si nega l’evidenza e si finisce persino a difendere chi commette simili abusi che si passa invariabilmente dalla parte del torto.
E forse, dopotutto, mi appello proprio alla coscienza pubblica e mi arrogo davvero il diritto di dire come si dovrebbero o meno spendere i propri risparmi, anche se è pretenzioso e sbagliato.
Però il vecchio detto "ognuno fa quel che vuole con i suoi soldi" in questo contesto non può funzionare per sempre: il fatto è che viviamo interconnessi l'uno all'altro, e per quanto ognuno sia libero di fare quello che vuole con il proprio denaro o in alcuni casi sia addirittura una vittima del sistema, le sue azioni volontarie o forzate mettono in movimento il circuito di conseguenze che vi porta a sbuffare ad ogni annuncio di un nuovo capitolo della vostra saga preferita che si rivela essere per mobile, quasi inevitabilmente sotto forma di gacha game.