Ci vuole un senzaluce per impattare il grido lontano di un assassino e il fiato selvatico della morte rossa all'alba
Elden ring: un nuovo modello di open world è possibile
Il DSM (Diagnostic and Statistical Manual of mental disorders) dovrebbe aggiungere una nuova voce al suo interno, e dovrebbe farlo in fretta perchè parliamo di una patologia della sfera emotiva che sarà presente nella storia dell’Homo Sapiens per pochi mesi, da qui al 25 Febbraio 2022 per essere precisi.
“Il DIsturbo da Nostalgia per Elden Ring e l’Indescrivibile VUoto che ha lasciato il Network Test” (Di.N.E.R.I.Vu.N.T.) è qualcosa di concreto, tangibile, dottore non sono pazzo mi prescriva qualcosa.
Scherzi a parte, ho provato Elden Ring (nuovo titolo di From Software, la fucina videoludica che ha dato vita negli anni scorsi a Dark Souls, Bloodborne e Sekiro, capitanata da Hidetaka Miyazaki) durante il weekend del suddetto Network Test e vorrei parlarvene un po’, perchè, come dire, è una bomba. Ringrazio immensamente Marco, anche lui autore in questo sito, per avermi girato il codice.
Nota - In questo articolo su Elden Ring non ci saranno giudizi sul lavoro svolto dietro le quinte da George R.R. Martin, principalmente perchè si tratta di un apporto che potrà essere eventualmente avvertito solo durante partite a gioco completo. In realtà anche il reparto marketing di Bandai Namco (publisher del gioco) sembra essersene dimenticato, tanto che bisogna proprio sforzarsi per ricordarsi che “Ah già, ma ci ha lavorato anche il tizio del Trono di Spade”.
LA MONTAGNA, MAOMETTO E HIDETAKA-SAN
All’annuncio di Elden Ring (non il teaser, ma il reveal vero e proprio a cui sono seguite notizie e informazioni specifiche ) ci furono diversi motivi per cui la fanbase dura e pura dei souls non riuscì a provare tout-court un cieco entusiasmo. La preoccupazione principale riguardava la scelta - innovativa per FROM - di ambientare la loro imminente avventura non in una open map ma in un mondo aperto. Il timore di avere uno studio rinomato per la cura millimetrica nel level design che si fosse lasciato ammaliare dalle sirene di mondi giganteschi fatti di missioni secondarie a prova di pirla con segnalino a vista, fetch quest in cui dover raccogliere 100 fragole e magari un selettore di difficoltà per andare incontro a tutti i gusti, era molto forte.
La domanda lecita, quindi, era se sarebbe stata From Software a piegarsi alle logiche degli open world, oppure se i mondi aperti classicamente concepiti si sarebbero inchinati alle regole di Hidetaka.
Ebbene, senza troppi dubbi, e con entusiasmo, delle due la seconda.
E’ una sensazione difficile da descrivere quella che si prova al primo impatto con Elden (ormai mi piace chiamarlo affettuosamente così), perchè è stordente questo contrasto tra la percezione, chiara, pad alla mano, di star giocando un Souls e il senso di ubriachezza che monta quando ci si rende conto che quella filosofia di game design è stata riproposta con una magnitudo superiore. E’ come sedersi per guidare la solita Ferrari, ma poterlo fare non più in un paio di striminzite vie cittadine, bensì nel gigantesco parcheggio di un centro commerciale in una notte d’agosto, dove poter sgasare e sgommare tenendo giù quel piede sul pedale.
La ricetta della software house nipponica applicata ad aree spaziali senza vincoli (pun intended) è travolgente, e voglio farvi esempi pratici. Seguitemi un momento.
Poniamo che stiate esplorando un bosco, una nuova area nella quale vi siete appena imbattuti. Cosa avviene solitamente in un gioco FROM ? Si ripulisce l’area, si trovano gli oggetti più o meno nascosti, si apre l’immancabile shortcut al falò, si batte il carismatico boss dopo enne tentativi, si prosegue magari dovendo scegliere tra un paio di bivi. Cosa succede in un open world tripla A moderno? Si gira per l’area affrontando i mob presenti per livellare un po’, si raccolgono tot materiali per finire una quest parallela che ricompensa con punti esperienza, si trovano ninnoli da piazzare sulle armi per aumentarne le caratteristiche di una certa percentuale. Cosa succede in Zelda: Breath of the Wild (verso cui, giustamente, tanti paragoni si sprecano)? Si vaga senza meta forse trovando come ricompensa un seme korogu, si libera un accampamento per poter avere accesso ad un forziere contenente una delle solite armi che comunque si romperà dopo 3 fendenti, si trova dietro la collinetta un sacrario di cui bene o male sarà chiara l’idea di design dopo pochi passi.
Cosa succede in Elden?
Sei nel bosco, trovi un nemico un po’ diverso dal solito, ti pare un soldato già visto però aspetta ha un lupo come companion quindi dovrai cambiare approccio, lo fai fuori e lascia un vestito che parla della terra da cui proviene, dal cadavere del lupo invece un raro materiale di crafting per creare del cibo che aumenta le difese contro il danno da fuoco, finito questo incontro intravedi alla fine della strada un piccolo accampamento che può valere la pena di essere ripulito per poter scendere nel suo seminterrato, in cui un baule probabilmente conterrà un oggetto unico, magari un amuleto che possa aumentare il recupero della stamina, però aspetta non serve per forza combattere, forse con lo stealth puoi raggiungere il baule non visto, oppure - momento - sembra esserci una grotta su quest’altro lato nel bosco, potresti andare ad esplorarne la parete rocciosa con la torcia accesa, anche lì probabilmente si otterrà come ricompensa dalla sua esplorazione un item molto particolare, forse un’abilità speciale da arma, ok però è quasi notte forse ti conviene tornare indietro perchè su quel ponte diroccato dovrebbe apparire un nemico speciale che potrebbe droppare etc etc.
Avete capito qual è il take home message in Elden Ring. Esplorazione con bivi costanti, navigazione con senso concreto di scoperta - potenziata dalla presenza del salto - in grado di dare sempre al giocatore ricompense in termini pratici: nuove aree, nuovi frammenti di storia/lore, nuovi oggetti di armamentario, nuove risorse per il crafting, nuove arti da guerra. Detto in sintesi, grazie alle nuove meccaniche introdotte, su cui ci soffermeremo più avanti, il pool di unità aggiungibili all’inventario, al vestiario e all’armeria non è mai stato così vasto e permette di ottenere sempre qualcosa di utile per cui valga la pena esplorare e combattere. Ciò che quindi in Breath of The Wild veniva a mancare, cioè la ricompensa unica o quasi unica - pur riconoscendo il divertimento fornito dagli approcci variegati disponibili per ogni incontro - e che ha reso necessario il turnover frenetico delle armi, in Elden è sempre foriero di frenetica eccitazione.
Oltre a questo, non sono presenti nell’interfaccia indicazioni classiche circa l’avanzamento delle quest o puntatori che in maniera non diegetica ti guidino verso il prossimo passo. Ci sono sì implementazioni da open world (deboli indicazioni da un luogo di grazia (il nome dei falò in Elden) verso il successivo, marker di navigazione che diventano visibili in gioco come fari di luce alla distanza, fast travel verso un falò da ogni punto della mappa - dungeon esclusi), ma si tratta sempre di aggiunte che non snaturano l’approccio al game design di FROM.
Insomma, Elden Ring è Dark souls elevato ben oltre il cubo.
IL COMBAT SYSTEM DIDDIO
La meraviglia di Elden non risiede “solo” nella densità che il suo mondo sembra essere in grado di proporre, ma si completa nelle tante modalità di svolgimento di ogni incontro, sia in termini di imprevedibilità del nemico da affrontare, sia per la libertà di approccio che viene concessa, a mia memoria mai così vasta e in generale di tale portata in altri action rpg.
Le opzioni che negli scorsi titoli FROM, bene o male, abbiamo sempre avuto a disposizione le conosciamo: roll, attacco leggero, attacco pesante (più varianti con impugnatura a due mani), attacco pesante caricato, cast di magie, attacco in corsa, parata, parry, backstab. In Elden, però, abbiamo anche altro.
La possibilità di saltare e attaccare durante il salto (NB. Il salto sembra avere almeno tanti frame di invincibilità quanto il roll, rendendolo una buona opzione per evitare colpi), contrattaccare dopo la parata con un fendente pesante, attaccare specificatamente per spezzare la postura dell’avversario per poi infliggere un critico, attaccare col dual wielding (che torna quasi uguale da Dark Souls 2, in pratica impugnando due armi della stessa tipologia si può eseguire un moveset unico), lanciare magie nella versione caricata, evocare temporanei spiriti di accompagnamento, giocare stealth per prendere alla sprovvista un nemico causando più danni rispetto ad un nemico già allertato, attaccare a cavallo e chissà cos’altro a gioco finito, sono tutte possibilità che possono essere prese in considerazione prima e durante uno scontro. L’impressione è che la software house giapponese abbia lavorato per evitare che il giocatore potesse riposare sugli allori limitandosi a rotolare per evitare i colpi e fare affidamento quasi sempre sull’attacco leggero per causare danni, riempiendogli la faretra tattica di tanti dardi diversi e complementari tra loro. La stratificazione del gameplay è il cuore pulsante di Elden Ring.
Un’altra caratteristica che contribuisce a rinfoltire l’aspetto strategico del titolo è la fluidità delle Weapon Art, mosse “speciali” abbinate alla classe dell’arma introdotte in Dark Souls III. Le arti da battaglia non sono più - generalmente - abilità preposte agganciate all’arma, ma sono per la maggior parte da trovare nel mondo di gioco sotto forma di “Ceneri di Guerra” (al pari di magie e oggetti) per poi poter essere applicate a piacimento. C’è comunque una qualche restrizione, infatti non sarà possibile avere una spada di dimensioni berserkiane con abilità da coltellino svizzero, quindi in qualche modo ogni Weapon Art può essere sfoderata esclusivamente da un suo pool di armi. A rendere ancora più interessante questa dinamica è la possibilità di applicare l’arte all’arma in maniera grezza oppure alternativa. Nel primo caso l’unico effetto che avremo sarà additivo (l’arma avrà quella Weapon Art utilizzabile), nel secondo caso invece potremo non solo applicare l’art ma anche modificare lo scaling o il danno dell’arma. Per esempio, poniamo che abbiate trovato una cenere di guerra che permette di richiamare spade eteree, quest’arte nel caso lo vogliate può anche permettere all’arma di ottenere scaling da Intelligenza e fare danno magico.
Per quanto riguarda la cavalcatura, le possibilità offerte dal nostro destriero sono ancora un po’ da valutare, con sessioni di gioco più lunghe. In sella al cavallo (richiamabile all’istante, a patto che ci si trovi nel mondo aperto e non in multiplayer) si possono effettuare attacchi sia verso il fianco destro che sinistro, sia leggeri che pesanti che caricati, come pure è possibile scoccare frecce e magie. E’ necessario però fare estrema attenzione a non subire troppi colpi, pena il disarcionamento, che lascia il piggì inerme a terra per diversi secondi, quindi pericolosamente scoperto agli attacchi nemici. Se l’efficacia in combat è quindi tutta da verificare (probabilmente in alcune boss fight sarà più comodo muoversi velocemente rispetto ad altre), in ambito esplorativo la cavalcatura sarà probabilmente un’opzione imprescindibile visto che presenta (sembra fin da subito) l’opzione del doppio salto e del “mega-salto” da punti precisi della mappa. Il cavalloide però non può purtroppo essere accarezzato o strigliato, un particolare che rischia di mettere a repentaglio la qualità di tutto il titolo. Scherzo, Hidetaka, ma fino ad un certo punto.
Ci sarebbe ancora tanto da dire sul combat system, preferisco però limitarmi a citare la dinamica della postura, che torna qui in una versione più leggera e invisibile. Attaccando in maniera specifica con fendenti in salto o caricati si infliggono danni all’equilibrio dell’avversario fino ad aprirgli la guardia e renderlo esposto ad un attacco critico. Questa opzione risulta particolarmente utile contro nemici corazzati, o con scudo alzato, o di dimensioni superiori al normale, permettendo così al giocatore di variare la propria scelta di approccio, fornendogli in questo modo una via che non punti ciecamente al drenaggio dei punti vita. Sarebbe apprezzabile che in questi mesi venga introdotta una qualche indicazione circa il livello di postura dell’avversario o anche un suggerimento sottile quando questa si trovi vicino alla rottura, in modo da permettere una migliore pianificazione degli attacchi. Manca poca vita? Conviene andare per un attacco leggero. Manca poco equilibrio? Conviene andare per un attacco pesante o in salto. Questo tipo di informazione non arriva però chiara al giocatore, che dovrà basarsi sulla sperimentazione per capire quanti attacchi anti-postura sarà necessario sferzare contro un avversario per rompergli la guardia.
Per tirare una conclusione (purtroppo ancora parziale) sul combat system di Elden Ring, le possibilità di gioco e di personalizzazione dello stile che si preferisce adottare sono davvero non solo la summa di quanto proposto in passato da FROM, ma si spingono verso nuovi orizzonti. Grazie in primis alla classica varietà offerta dalle preferenze di livellamento - in pieno stile RPG - e a combattimenti dal ritmo più compassato (dimenticate la frenesia dei titoli più recenti di FROM), pianificazione e tattica saranno indispensabili per navigare nell’Interregno ed esplorarne con successo ogni anfratto, secondo i propri gusti e traendo piacere dal plasmare, passo dopo passo, aspetto e movenze del proprio avatar virtuale.
LE ALTRE NOVITA’
Il sistema di crafting fa il suo ingresso per la prima volta in un titolo From Software, e lo fa senza stravolgere meccaniche già conosciute al giocatore. Raccogliendo materiali base dalla flora e cacciando la fauna si possono creare on the go frecce, bombe, cibo per buffarsi e quant’altro, a patto di avere imparato le ricette grazie a tomi che sembrano essere principalmente venduti dai mercanti. Questa, che inizialmente pare un’aggiunta tutto sommato di secondo piano, ha in realtà il notevole pregio di iniettare nel gioco un respiro maggiore. Non solo i materiali per crafting contengono descrizioni che ampliano la lore, ma rimpinguano il pool di possibili ricompense a cui accennavo sopra. Inoltre, la possibilità di poter costruire oggetti utili al combattimento potenzia il substrato tattico, portando il giocatore a pensare, soprattutto nelle profondità di un dungeon, quindi ben lontano dai mercanti da cui potersi rifornire, a come poter utilizzare le proprie risorse per poter avanzare senza soccombere. Anche la possibilità, poi, di spezzare l’abituale ritmo di gioco, permettendo magari di loggare per sessioni meno impegnative dedicate solo alla raccolta di materiali, è un aspetto non da poco, in grado di aumentare la longevità e la godibilità del nuovo mondo creato da Miyazaki-San.
Similmente, seguendo questa filosofia del “costruisci quello che ti pare con gli strumenti che ti diamo”, nel gioco è possibile anche creare fiaschette speciali con effetti variegati (chiamate “balsami”) combinando a proprio piacimento reagenti specifici (“lacrime”) sempre da trovare disseminati nell’Interregno, magari nascosti in un accampamento o alla fine di una labirintica grotta.
In aggiunta, ad aiutare i giocatori in difficoltà, o semplicemente per rendere più facile la liberazione di un accampamento monitorato da un numero elevato di nemici, nelle vicinanze di particolari piccoli monumenti è possibile evocare spiriti che vengono richiamati come fossero compagni di coop offline. Indovinate un po’, ovviamente anche questi danno informazioni sulla storia generale del titolo e altrettanto ovviamente anche questi vanno trovati in giro per il mondo di gioco.
Spero che ora sia più chiara la mia asserzione nei paragrafi iniziali, quando indicavo l’esplorazione in Elden Ring come particolarmente succulenta e in grado di stimolare costantemente il giocatore a fare quel passo in più per scoprire cosa si celi dietro l’angolo.
A livello di storia e lore non posso dire troppo, sia per non spoilerare sia perchè io stesso non mi sono dedicato a questo lato del titolo, preferendo immergermici pienamente a febbraio. Posso solo accennare al fatto che tornano almeno alcuni dei temi cari a Hidetaka, segni che ben conosciamo con significazioni diverse, nel tentativo da parte dell’autore di disassemblare e rimodellare quanto già proposto in passato, strizzando l'occhio ai giocatori veterani.
Concludo questo paragrafo di miscellanea con una nota sulla realizzazione grafica delle magie e delle abilità, che è l’aspetto in grado di sorprendere più di tutti. Il rework degli incantesimi e la resa visiva delle skill delle armi riescono non solo spesso a stupire genuinamente con trovate brillanti, ma anche a dare un’identità molto forte al nuovo titolo FROM.
MINUSCOLE CREPE NELL’ANELLO
Non è tutto oro quel che luccica e almeno due righe su alcuni punti che non hanno convinto durante il Network Test ci stanno, per quanto sia impossibile sapere se questi aspetti verranno limati o radicalmente cambiati da qui alla release completa del titolo.
L’impatto a livello prettamente grafico del mondo di gioco non è trascendentale, e, come letto spesso in giro, si tratta di un’espansione di quanto visto con Dark Souls III e Sekiro. Sia chiaro, la direzione artistica conta più dell’esecuzione pratica, ma è giusto riportare che, per quanto sia presente meteo dinamico con ciclo giorno/notte e in generale un gusto nel design architettonico e dei nemici molto ispirato e di chiara matrice Hidetakiana, visivamente siamo certamente un buon mezzo gradino sotto i mondi aperti già proposti negli anni scorsi da Guerrilla con Horizon: Zero Dawn e da Rockstar con Red Dead Redemption II.
L’HUD è apparso scialbo. Per quanto si inserisca chiaramente nel solco e nello stile di quanto già proposto dallo studio giapponese nei suoi titoli precedenti, le barre indicanti vita, stamina e mana sono apparse davvero posticce, come se non fossero ancora state davvero terminate a livello di design e si fosse preferito quindi portare nella demo una versione meramente funzionale. Inoltre, la bussola sempre ben piazzata in alto al centro dello schermo risulta un po’ troppo invadente (è leggermente abbassata per fare spazio all’inesorabile allungamento della barra della vita) e purtroppo non è disattivabile con l’opzione dell’HUD a scomparsa (quando cioè al di fuori dei combattimenti l’interfaccia sparisce per lasciare spazio al mondo di gioco).
Anche l’user interface dei menù non brilla particolarmente, presentandosi strutturalmente come quella di Dark Souls III ma un po’ impalpabile nello stile. In questo senso però le note positive da segnalare sono gli sprite degli oggetti che tornano ad essere di dimensioni ragionevoli dopo la deludente parentesi di Sekiro (pur non riuscendo a raggiungere la bellezza di quelli di Bloodborne, ad oggi artwork ancora ineguagliati) e l’aggiunta di una quality of life importante che permette di passare da una sottocategoria di oggetti all’altra (Es. passare velocemente dalle spade corte alle spade lunghe alle alabarde, etc). Già che ci siamo un’altra aggiunta interessante è quella di avere un accesso rapido a 4 oggetti utilizzabili, sicuramente un’opzione gradita per quelli che, come me, fanno largo uso di consumabili.
Un altro aspetto su cui si era creato dibattito prima del network test è quello del riutilizzo degli asset, che, inutile nasconderlo, si avverte ogni tanto durante la partita. Per quanto sono sicuro che a gioco ultimato l’abbondanza di nuovi mob dal design stravagante, animazioni e mosse inedite sovrasterà la sensazione di deja vu iniziale (vero apertura delle porte?), non sarebbe stato male approfittare del tempo di sviluppo per dare una rinfrescata generale anche alle animazioni base.
Per concludere - con tutti i dovuti dubbi del caso trattandosi di giudizi tratti da una demo sì corposa, ma pur sempre limitata - in Elden Ring la ricetta classica di From Software viene travasata senza alcun timore di sorta in un contesto spaziale libero da costrizioni, senza però piegarsi a quelle regole considerate ormai imprescindibili per i mondi aperti tripla A. Sarà il tempo a dirci se la qualità di gameplay e di scrittura riuscirà a rendere Elden Ring un titolo valido e non inutilmente diluito.
Sta di fatto che non posso ignorare l’effetto dirompente che questo Network Test ha avuto su di me come giocatore e il Di.N.E.R.I.Vu.N.T. ne è la prova più significativa. Non ho voglia di giocare ad altro, perchè nessun titolo oggi sul mercato presenta tutte assieme e così ben amalgamate le caratteristiche del nuovo lavoro di From Software, un prisma cangiante composto da Anima, Equilibrio e Sangue, libero di scorrazzare in un’immensa vallata erbosa, baciato dall’eterea fronda di un colossale ed enigmatico albero dorato.