Claire Obscure: Expedition 33 è davvero un capolavoro?
Due parole sul videogioco del momento (senza spoiler)
In un mercato videoludico in cui i tripla A faticano sempre più a essere realmente profittevoli, complice l’aumento dei tempi e dei costi di sviluppo, ma anche la riproposizione di IP che parlano solo a una fanbase dura a morire (un bacino d’utenza che, però, se pensiamo alla saga di Assassin’s Creed, consente ancora di vendere milioni di copie senza grandi problemi), un videogioco come Claire Obscure: Expedition 33 potrebbe segnare un punto di svolta nel mercato videoludico. Oppure, quantomeno, essere un esempio virtuoso in controtendenza rispetto al mercato degli AAA. Expedition 33, infatti, riesce a vendere un milione di copie in appena tre giorni (a cui si aggiungono l’un milione e mezzo di videogiocatori che l’ha provato con l’abbonamento Xbox Game Pass) e tiene testa allo shadow drop forse più importante dell’anno, ovvero la remastered di The Elder Scolls IV: Oblivion, uscito lo stesso giorno di Expedition 33, anch’esso su Game Pass. Persino Emmanuel Macron si congratula con il team francese Sandfall Interactive per il successo di Expedition 33, gioco fieramente francese, e su Metacritic l’user score è uno dei più alti di sempre: 9.7. Per quanto possa valere uno score alto su Metacritic, è interessante notare l’esplosione del fenomeno Claire Obscure, soprattutto considerato lo sviluppo doppia A: Sandfall Interactive, uno studio di videogiochi indipendente francese, consta di trentatré persone, di cui dodici ex sviluppatori Ubisoft, dettaglio ironico ma interessante. Bisogna però anche precisare che il videogioco non è stato sviluppato da trenta persone, come si è a lungo detto, ma con la collaborazione di numerosi partner esterni; inoltre è stato presentato all’Xbox Games Showcase del 2024 accanto a titoli tripla A come Fable e Gears of War, e ha beneficiato della distribuzione di Bandai Namco. Claire Obscure è un videogioco meno indipendente di quanto lo si voglia raccontare e il suo successo più che rivolgersi agli studi indipendenti (che in rarissimi casi potranno permettersi il budget di Sandfall Interactive), manda un messaggio ai tripla A. In questo senso il riscontro entusiasta del pubblico è qualcosa di positivo.


Claire Obscure: Expedition 33 è un RPG a turni di classica ispirazione giapponese - si dovrebbe parlare di JRPG, oppure coniare l’acronimo FRPG, vista la provenienza francese del titolo - con un sistema di combattimento che non si limita al turn-based ma presenta continui quick time events e un sistema di parry che rivela apertamente l’influenza di Sekiro (sul sito di Sandfall Interactive si può consultare il team di sviluppo e leggere le varie bio con i favorite games degli sviluppatori). L’ambientazione è quella di una Belle Époque decadente, con tanto di Tour Eiffel sullo sfondo, declinata in un mondo dai connotati fantasy. Ogni anno, da sessantasette anni a questa parte, un’entità gigantesca chiamata “la Pittrice” dipinge un numero sempre inferiore sul suo monolite, tutte le persone di Lumière che hanno l’età corrispondente a quel numero perdono la vita in un giorno definito “gommage”. Ogni anno una spedizione di ragazzi (principalmente quelli che sanno di dover morire l’anno seguente) parte per raggiungere la Pittrice e cercare di fermarla. Il videogiocatore è chiamato a impersonare la Spedizione 33 e scoprire cosa si nasconde al di là del mare, un vero e proprio mondo da cui nessuno sembra mai aver fatto ritorno. A Lumière è sin da subito interessante notare la stoica accettazione della morte, inevitabile per chi sa che dovrà morire in un dato giorno di un dato anno; anzi, la prevedibilità di questa morte - una scadenza programmata - diventa motivo di sollievo per molti abitanti di Lumière, che riescono a vivere la vita con un atteggiamento di razionale rassegnazione, andando incontro alla morte con distacco, accerchiati da un clima festivo di celebrazione: la morte a Lumière è vissuta come rito collettivo. L’accettazione della morte però, a Lumière, non può essere solo collettiva e definitiva, poiché il Dio di questo mondo agisce in modo incomprensibile levando la vita a persone sempre più giovani. A Lumière non può svilupparsi una vera e propria religione, perché la Pittrice è un Dio manifesto e prossimo da un punto di vista geografico (si staglia sullo sfondo, uno sfondo neanche troppo lontano) e, inoltre, a Lumière il confine tra umano e divino è sottile: tutti nascono con poteri unici. La consapevolezza che Dio possa essere affrontato — e forse sconfitto — rende impossibile la nascita della religione; tra la devozione e la conoscenza, gli abitanti di Lumière scelgono la seconda via, perché la conoscenza collettiva (sarà nel gioco fondamentale ripercorrere il viaggio degli esploratori precedenti la Expedition 33) è trasmissione di un sapere essenziale alla sopravvivenza della razza umana. Il vero motore della vita a Lumière è il desiderio di conoscenza, la fuga dal determinismo e la vendetta nei confronti di Dio. Da questo nascono le spedizioni. Al di là del mare (siamo nelle prime due ore di gioco) la situazione precipita velocemente a causa di un uomo dai capelli bianchi e il protagonista, Gustave, si ritrova, in un primo momento, da solo, ad affrontare creature che sembrano uscite direttamente da Elden Ring. Narrativamente Claire Obscure: Expedition 33 dichiara sin da subito di voler emozionare il videogiocatore, di volerlo portare alle lacrime a tutti i costi, lo fa accompagnandosi a una struggente colonna sonora lirica orchestrale e concentrandosi sui volti sconvolti di fronte alla vera brutalità del mondo: non più la rassicurante consapevolezza di quando avverrà la propria dipartita, ma l’essere improvvisamente spazzati via da creature inquietanti e deformi. Il mondo di Expedition 33 è però, soprattutto, meraviglioso da un punto di vista estetico: i paesaggi non si assomigliano mai l’un l’altro e il sense of wonder è continuo nel videogiocatore, con scenari che passano dall’organicità dell’Art Nouveau al crepuscolare Romanticismo, dalla crudezza novecentesca di alcuni campi di battaglia pieni di cadaveri al Surrealismo instabile di luoghi come Visages; la tavolozza cromatica di Claire Obscure è sempre accesa, talvolta acida, e si lega a emozioni specifiche che ogni area di gioco porta con sé: dall’ansia, alla malinconia, alla psichedelia. Nonostante l’ispirazione al dark fantasy di Hidetaka Miyazaki sia presente in diversi frangenti (soprattutto nei nemici che si incontrano), il mondo di Expedition 33 assume molte forme diverse, è solo in rari casi davvero oscuro, preferendo la pomposità e l’estrosità rispetto all’uniformità tematica di un Bloodborne. In questo senso è più vicino a Elden Ring, ma ho trovato che, seppur nella sua esagerazione cromatica, Expedition fosse più coerente con se stesso, più vero rispetto all’Interregno. Inoltre narrativamente ha senso che sia così, ma se spiegassi i motivi dovrei incorrere in spoiler. A differenza di un souls, però, il senso di terrore si perde in poco tempo, complice il tono leggero che il videogioco assume in diversi momenti (ed è giusto così), la luce accecante che ricopre la maggior parte delle aree di gioco e la curva di difficoltà che ho trovato essere poco graduale: sezioni di gioco estremamente semplici alternate ad altre in cui il picco di difficoltà sembrava esplodere di punto in bianco, lasciando l’impressione di un bilanciamento incerto, non all’altezza di un action RPG di alto livello. Inoltre la trama si sposta gradualmente dalla dimensione universale (la lotta contro la Pittrice in un mondo ostile) a una dimensione privata, familiare, lontana però dai protagonisti che muoviamo nelle prime ore di gioco. Narrativamente, mediante alcuni plot twist, il gioco tradisce le aspettative del videogiocatore - e in questo è rispettabile - ma lo fa relativizzando continuamente l’importanza di quei personaggi che credevamo essere i protagonisti. Il mondo là fuori ha una sua lore e si muove a prescindere da te, ma questo, rispetto a un Dark Souls, è estremamente difficile da accettare quando il tuo personaggio è già stato caratterizzato per essere l’eroe della vicenda; fino ad arrivare alla definitiva relativizzazione nel finale (che non starò qui a spoilerare). La svolta dalla dimensione universale a quella familiare, benché sia graduale, non funziona perché viene trattata con un ermetismo forzato e porta con sé il distacco del videogiocatore, intento a mandare avanti la storia che si è costruito nella sua testa. Nonostante ciò, Claire Obscure: Expedition 33 riesce ad avere una scrittura decisamente superiore alla media, finalmente intenta non solo a srotolare una trama piena di colpi di scena ma a soffermarsi sui rapporti tra i personaggi, con lunghe e frequenti cut-scene che esplorano momenti di intimità umani. Benché non ci sia un approfondimento psicologico particolarmente interessante dei personaggi, questi ne escono bene - e di conseguenza lo fa la scrittura - grazie ai non detti, agli sguardi, a discorsi apparentemente inutili che, in un mondo in rovina, contrastano bene con l’atmosfera fantasy. Merito è anche la modellazione dei volti e la loro espressività, la reiterata scelta di far tacere le parole e parlare gli sguardi.
Ciò che ho apprezzato di più in Claire Obscure: Expedition 33 è il sistema di combattimento, che riesce a fondere in modo originale la struttura a turni — con tutta la strategia che comporta — con elementi action come schivate, salti e contrattacchi. Questi ultimi richiedono un tempismo preciso, che varia in base a una delle tre difficoltà selezionabili. In questo senso, il gioco riesce a rinnovare il genere dei JRPG, integrando una componente dinamica capace di coinvolgere anche chi solitamente non ama questo tipo di giochi, ma allo stesso tempo può risultare ostico per chi non ha familiarità con i quick time events o il sistema di parry. Come nei souls ogni nemico ha un attacco che richiede un suo specifico timing; quindi, il percorso nei combattimenti sarà un classico trail and error. Gli input visivi e sonori sono però talmente chiari che il combattimento risulta sempre appagante. Meno chiaro è il meccanismo che regola alcune meccaniche di potenziamento dei personaggi, non sempre queste sono spiegate (si pensi ai Lumina) e generano facilmente confusione o disattenzione, anche perché, come detto precedentemente, la curva di difficoltà sembra impennarsi in modo completamente arbitrario, portando il videogiocatore a soffermarsi su queste meccaniche solo nei momenti di difficoltà.
I combattimenti si alternano a brevi sezioni di semplicissimo parkour (talvolta problematiche poiché poco leggibili nell’utilizzo del rampino) e all’esplorazione di mappe e dungeon. L’esplorazione delle varie aree è uno dei problemi del gioco in quanto capita di trovarsi o in aree lineari e comprensibili, o in alcune talmente labirintiche in cui perdersi è troppo facile. In Expedition 33 ho fatto più volte fatica a capire quale fosse una strada principale e quale una secondaria, e mi sono perso in più frangenti. Più che necessitare di una mappa, avrei preferito uno studio migliore del level design e un’interconnessione che rendesse più facili gli spostamenti. Questo problema è accentuato dal fatto che l’estetica è talmente ricca di input da nascondere i riferimenti visivi rilevanti. Si sarebbe dovuto lavorare, in questo senso, almeno un po' in sottrazione. Il perdersi, in Expedition 33, l’ho trovato frustrante, non parte dell’esperienza di gioco.
Claire Obscure: Expedition 33 non è un capolavoro da tanti punti di vista, soprattutto quello narrativo: vuole forzatamente portarti alle lacrime e sorprenderti con i suoi colpi di scena, ma alla lunga rischia di stancare e trasformare alcuni suoi aspetti positivi in un eccesso disturbante (l’estetica che diventa estremo di se stessa, i dialoghi volti all’emotività), dimenticando l’importanza di accennare. Nonostante filosoficamente il finale di Expedition 33 (in particolare uno) sia molto interessante, con la sua riflessione sull’accettazione del lutto e la fuga dalla realtà, dovete immaginarlo realizzarsi in maniera opposta a quanto accadeva in The last of us - Parte 1, tanto che Expedition 33 decide di abbracciare la sua natura blockbusterosa e il pubblico del mercato tripla A. Nonostante ciò il messaggio che lancia alle grandi major è importante: dietro questo progetto c’è una dedizione indubbia in tutti i settori coinvolti, un gameplay che segna un punto di svolta nel genere del JRPG e una narrazione che dovrebbe rappresentare la qualità minima per il medium videoludico.