"That place... began from the resonance of intersecting points... They are memories replaced by ens and naught and etched into stone. Blood, young sprouts, sky-and the one with the ability to control beings created from light... In that world, it is said that if one should wish it one can bring back the souls of the dead... But to trespass upon that land is strictly forbidden.”
Emon nell'incipit di Shadow of the Colossus, ci sta parlando delle Forbidden Lands ma anche del videogioco stesso, terra di altrove e di avventurose perdizioni.
Sono un esploratore. Il gamepad non è altro che un presunto joystick di volo di un'astronave pronta a farmi salpare per altrovi di fantasia. “Insert Coin” è uno scambio equo. Inserisco la moneta e Caronte mi traghetta via. Invece che verso l’Ade, verso la vita. Confesso che ho sempre avuto paura della morte. Mi definirei ateo, ma ogni tanto nel buio della notte mi ritrovo a sperare che non sia tutto qui…
Speranze di una vita dopo la morte. E sia chiaro non intendo solo religiosa, ma anche speranze atee, prive di qualsiasi vincolo teologico, di qualsiasi dogma. Fare qualcosa per essere ricordati, illuderci che possa esistere un’immortalità, se non dell'anima, almeno del proprio nome. Non c'è nulla alla fine della vita. “Tagliare la testa al Buddha” è quasi impossibile. Il Nirvana non è per tutti, soprattutto non lo è per i mediocri di spirito( e forse di altro) come me. Non so se anche gli altri hanno la mia stessa paura, il terrore della morte mi impedisce di parlarne con chi mi sta intorno e, quindi, di cercare conforto. Posso combattere la mia paura solo con l’escapismo, e il videogioco è l’escapismo finale.
Conscio della mia condizione di creatura finita( anche se la speranza non mi abbandonerà mai, credo…) tento di allungarmi la vita in altri mondi. Le storie allungano le nostre esistenze: libri, fumetti, film, serie TV hanno una funzione terapeutica, mi danno l'illusione di vivere altre vite anche se solo per una manciata di tempo( che poi non è altro che la nostra vita: una manciata di tempo). Ma il videogioco- e il viaggio, ma per questioni economiche e di tempo non posso passare la mia vita in viaggio, purtroppo- è forse la forma di escapismo più sofisticata. La capacità del videogioco di immersione è totalizzante rispetto ai media sopra citati. Qualcuno ha creato un mondo altrove e ti ha dato una chiave con la promessa di una vita alternativa. Ricercare l'immortalità nel videogioco risulta, ovviamente, stupido( e dannoso), ma non è quello che vado cercando, o forse sto solo mentendo a me stesso.
Io cerco altre vite. Altri mondi da esplorare. Confini da varcare per approdare nel paese delle meraviglie e, anche se questi confini non sono varcabili, avere dei mondi che alludono a storie, a vite e a mitologie insondabili. Forse il grande potere del videogioco sta nella costante allusione a mondi che non esistono. Cosa succede sullo sfondo di quelle avventure virtuali? Cosa c'è al di là dei confini dello schermo? Sta a me immaginarlo, chi ha creato il videogioco ha alluso a qualcos'altro, a un altrove, e io prendo al volo quell’allusione e la trasformo in vite che non posso vivere: increate. Mi incuriosisce più la direzione in cui non posso andare in un videogioco che le direzioni che posso prendere. Cerco di varcare i confini invisibili sapientemente creati dai mastri artigiani del videogioco. Quando accendo un titolo della serie Zelda cerco sempre di andare nella direzione opposta di quello che il videogioco suggerisce, e se lo sviluppatore è stato abbastanza abile avrà messo uno sfondo che allude a paesaggi e a storie che non sta a te affrontare, ma ad altri, ad altre creature che vivono quel mondo, echi silenziosi di altre avventure.
Gli sfondi dei videogiochi raccontano storie complesse per chi sa guardare. In una matrioska di rimandi e di allusioni le storie si moltiplicano, la vita si intreccia e si impregna di significati. Torre di controllo la mia nave è salpata verso l'isola del tesoro! Mi aspettano avventure memorabili in terre esotiche e irreali. Magari incontrerò nemici invalicabili, salverò la principessa Zelda o finalmente spengerò la fiamma per dare il via all'era dell'umanità.
Arrampicandomi sul colosso osservo l'orizzonte, cosa mi attenda oltre? Mentre la musica incalza mi ritrovo a scivolare nell'aria grazie alla paravela e appena toccata terra mi ritrovo a navigare su un fiume sotterraneo, prosieguo della mitologica Route 0, in compagnia di estranei che sono ormai famiglia. Alla fine del fiume rimbomba una campana, qualcun altro sta portando a termine la sua epopea. Nelle guglie più alte di un mondo in rovina, in cui la pioggia spazza via tutto e guardare la Luna è un miraggio, è ancorata una nave, mi aspetta per partire verso le stelle, all'esplorazione di un mondo infinito che si autogenera virtualmente e, quando sarò abbastanza lontano, quando sarò solo una luce nel firmamento, confuso per una di quegli astri generati senza termine, allora sarò libero. Se posso, perché non agognare all'universo? Alla fine è proprio ciò che si trova al di là di uno schermo: l'universo.
Ho scoperto Minecraft da adulto. Le prime ore( giorni in realtà) li ho passati a cercare mod per poi scoprire che la versione vanilla era quella che più mi aggradava. Le seguenti giornate di gioco le ho passata a generare mondi, giocare qualche oretta ed eliminare quel mondo. Non ero soddisfatto. C'era qualcosa che mi disturbava. Ho provato varie difficoltà e finalmente sono giorni che gioco alla difficoltà che mi più mi aggrada: pacifica. Nessun nemico, nessuna distrazione dall'esplorazione di un mondo procedurale e, tanto meno, nessuna ansia. Posso costruire in pace e scavare miniere. Nelle miniere mi perdo continuamente, è questo il fascino di Minecraft: perdersi. Sono giunto anche al mio primo dungeon( non so se si possa definire così, chiedo scusa agli esperti) completamente spopolato. La difficoltà pacifica ha creato qualcosa di significativo, un dungeon senza nemici è più affascinante. È più ricco di storie, mi immagino popoli che hanno abitato queste zone e scavando, come i nani di Moria, hanno risvegliato qualcosa di sopito che li ha spazzati via. Diventa inquietante e misterioso. Eliminando gli scontri ho creato sensazioni uniche di solitudine e di allusioni. Quello che mi affascina della mia partita( in corso) a Minecraft è il senso di solitudine. Un gioco che ha una community enorme, il cui online sembra, quasi, essere la sua ragione di vita, mi ha catturato per il suo senso solitudine totale. Costruisco ed esploro per il solo piacere di farlo.- La solitudine, a volte, non è così male, induce alla meditazione e alla contemplazione.- Credo, però, che il sentimento che più espliciti Minecraft sia la malinconia( forse sono proprio le miniere virtuali a essere malinconiche, come suggeriva già Donkey Kong Country 2), una sorta di solitudine con picchi che richiamano la nostalgia dei primi videogame giocati e, quindi, dei primi mondi virtuali esplorati.
L'opera di Notch credo non abbia confini, e mi costringe a sfidarlo. Fin dove può spingersi il mio avatar? Creo storie e faccio finta che quella sia una fortezza, che lì abbia vissuto qualcuno, che qualcosa sia successo. Ho costruito un piccolo molo vicino alla mia casa con la promessa di salpare verso altri lidi, libero di esplorare totalmente. L'orizzonte è una promessa di nuove avventure. Ho fatto finta di essere qualcun altro e qualcos'altro. Che nostalgia… il videogioco è così nostalgico! Nei suoi momenti migliori riesce a rendermi nuovamente bambino. Mi fa rivedere le cose con gli occhi del fanciullo. È forse una finestra sull’infanzia. Oggi faccio finta di essere un eroe che cerca di liberare un principessa e domani un mago perso in un'avventura senza scopo.
Ho camminato troppo, mi fanno male i piedi. Ma ho marciato nella realtà o nell’irrealtà? Tutto collima. I mondi si fondono. Sogno le Forbidden Lands, terre di solitudine. Vortico e sono catapultato qua e là, una luna mi fissa con il suo sorriso arcigno, presagio di morte. Suono un'ocarina blu e torno indietro, fuggo. Mi sono perso. Sento qualcuno gridarmi “aspetta! Aspetta!”, “non posso, non posso…” gli rispondo, ora posso ancora ignorare il rumore di fondo e scappare altrove. La mia vita è un filo che si snoda tra mondi immaginifici, il primo nodo è stretto intorno allo SNES e a Plok l’ultimo chissà… ci sono ancora così tanti mondi da esplorare. Nuove solitudini in cui perdersi, provando nostalgia per universi mai visitati e mai esistiti finché io non li ho interpretati e riempiti di significati.
Fantasia finale di un bambino, il videogioco è un eterno gioco al fare finta. Nel videogioco posso fare finta che la morte non esista, il videogioco la allontana, ma allontana anche la mia pace, alimentando la speranza di immortalità. Sono stupido.
ALTROVE
Orizzonti di immaginazione,mondi di pixel,venti procedurali,mai ho visitato.
Amori perduti,amici ritrovati,città sepolte,mai ho sfiorato.
Spettri alla rincorsa,folgori spaziali,mari gravitazionali,mai ho sfidato.
Perso in altrovi,che mai ho sognato.Alla deriva in battaglie,che mai ho contemplato.
Raccontato in storie,a cui mai ho partecipato.Distrutto e ricreato,increato e ideato.
Col mio corpo qui,con la mia mente là.
Con la mia anima ovunque,ovunque fuggire, scappare,perdermi in cosmi alternativi,in un altrove di immaginazione.