La storia di Elden Ring inizia con una premessa ben precisa: l’anello, incarnazione della Logica del Mondo, è stato fratturato. La missione collettiva della nostra stirpe (i Senzaluce) è tornare nel regno ove è custodito, trovare la Regina Marika, reclamarla come sposa e ricostruire l’anello. Ma cos’è l’anello davvero? E ha senso ricostruirlo? In questa prima parte rispondiamo a quest’ultima domanda.
Che rapporto corre tra pensiero religioso e pensiero razionale? Secondo molti, l’uno è precursore dell’altro. Il ragionamento teleologico (ogni cosa ha un autore e uno scopo) rappresenta, secondo Telmo Pievani, un vantaggio evolutivo chiaro: meglio ritenere che un fenomeno (es. un ramo spezzato) abbia una causa (es. una tigre) e un senso (es. scoraggiarci da intraprendere il dato sentiero) che prendere una posizione più scettica e forse più razionale (non so perché il ramo sia spezzato e potrebbe non significare nulla) che mi conduce a correre rischi in più se suddetta tigre per caso esistesse. Per Yuval Noah Harari poi attribuire a questa causa e questo scopo un valore soprannaturale (“il dio della valle maledice con le sue tigri feroci chi percorre le strade dai rami spezzati”) consente di costruire miti e riti che rendono più facile e “virale” la comunicazione tra sconosciuti, allargando le comunità ben oltre il nucleo familiare. Alessandro Barbero definisce il Medioevo “un’era innamorata della ragione” dove si era convinti che la realtà avesse un senso studiabile e intellegibile perché era risultato di un disegno intelligente, ottica che permarrà per il Rinascimento e fino a Newton e che in un certo senso si evolve con Leibniz e poi Godel. Insomma, il pensiero religioso è uno stadio evolutivo primitivo del pensiero di cui poi si libererà per camminare con le sue gambe. Esiste però qualcuno che non concorda con questo ruolo evolutivo della religione: cioè, all’incirca, tutti i religiosi del mondo. Che il pensiero numinoso sia solo un rudimento di epistemologia in fieri è una nozione per molti angosciante, se non addirittura terrorizzante.
In Elden Ring il Venerabile e Sempre-Splendente Goldmask è il devoto per eccellenza, un punto di riferimento mitizzato da tutti gli altri; l’asceta filosofo è austero e minimalista, ma ricco di discepoli che lo seguono adoranti. O così parrebbe: ci viene detto che i discepoli lo abbandonano, e nella scena della sua morte nell’introduzione ha in mano un calice, facendo sospettare un avvelenamento. Difficile capire quali insegnamenti questi discepoli trovassero così illuminanti, poiché come i profeti della Volontà Superiore (le creature chiamate Due Dita) anche Goldmask comunica con minime vibrazioni del dito che vanno tradotte dagli scriba con certosina devozione. Portando all’assurdo la poetica Miyazakiana del silenzio, Goldmask è uno dei suoi personaggi più saggi e profondi eppure non dice una parola. Mai. Forse, come dirà alla fine il suo allievo Corhyn, era solo un pazzo e nulla significava nulla: come si potrebbe dire di Hidetaka Miyazaki stesso.
Corhyn, che sembra applicare alla lettera la metafora per cui guarda il dito del saggio e non ciò che indica, sembra proprio il tipo che seguirebbe un idiota, sovra-interpretando i suoi deliri e immaginandosi che tremolii del dito di un vecchio siano sibilline massime sull’esistenza. Certo non sarebbe difficile immaginare gli interrogativi che angustiano Goldmask: come può la Logica del Mondo, descritta dall’Ordine Aureo e dai suoi Fondamentalisti (termine che indica, in questo caso, non gli estremisti ma gli studiosi dei fondamenti) avere simili falle catastrofiche? Il mondo di Elden Ring è collassato, e le maledizioni, i morbi e la violenza dilagano. Come è potuto accadere? Qual è la verità dietro l’Ordine? Perché Goldmask attira l’odio dei suoi discepoli? Cosa cerca, nelle profondità delle leggi di Causalità e Regresso?
Una costante in Elden Ring è che vediamo i personaggi attribuire intenzioni e giudizi a semplici conseguenze causali. I Nox sono stati puniti con Astel, ma a ben vedere (dalla traduzione giapponese del suo titolo) la creatura è più che altro figlia indesiderata dei loro incauti esperimenti astronomici. Coloro-Che-Vivono-Nella-Morte sono considerati malvagi appestati, ma sono solo frutto, dice Rogier, di una “falla logica”: l’effetto della contaminazione della Runa della Morte che si spande in un mondo dove non si può morire, che muta la natura della Morte (fiamma) i vita (radici). Gli Omen sono esseri selvaggi e violenti, ma ciò solo perché sono frutto del tentativo della Regina Marika di civilizzare gli uomini primordiali che – con un richiamo alle tematiche di Bloodborne e Dark Souls – hanno una insopprimibile componente bestiale, anzi draconica, che non può essere separata da loro senza corromperli. A tutti gli Dei Esterni viene etero-attribuita personalità e intenzione: per Mohg la dea del sangue è la madre accogliente che non ha mai avuto, per Shabriri la fiamma del caos porta la salvezza dal dolore, per Gowry la marcescenza è una dea di cui supplicare l’amore e il riconoscimento. Ma a ben vedere nessun Dio Esterno sembra mostrare nessuna intenzione se non quella di esprimere la sua natura, si manifestano con proliferazione di vegetali e funghi, spore e radici; si comportano come qualcosa tra divinità shintoiste, idee platoniche e archetipi junghiani: nessuno di loro si palesa o da istruzioni. Da invece istruzioni il Dio-Demiurgo, la Volontà Superiore, che però sembra agire su una pluralità di mondi ed essere distante da tutti loro (decine di anni luce, dice Enia); ma quali istruzioni? Che ci sia sempre una stirpe di donne divine che portano in grembo l’Elden Ring, che è ancora della creazione ma anche seme della Volontà; una divinità lovecraftiana in positivo, o bloodborniana: indifferente, inumana, amorale e interessata solo a propagare sé stessa.
Eppure un Dio che ha intenzioni e desideri c’è, la Dea per elezione: Marika. Al prezzo di essere per sempre incubatrice dell’Anello, la Dea Regina Madre e il suo consorte possono modificare e migliorare la Logica del Mondo, anzi ogni nuova Dea e ogni nuovo Lord sono ingredienti di un costante arricchimento, come un lungo e complesso processo di raffinazione alchemica; anche la successione dei personaggi ne ricalca alcuni simbolismi: Regina Occhio Tetro=Nigredo, Marika=Citrinitas, Rennala=Albedo, Radagon=Rubedo per creare infine il Rebis perfetto, l’androgino Miquella, in un mondo sempre più ordinato, definito e perfetto. C’è una falla in quest’ordine, perché Radagon non arricchisce Marika, egli è una emanazione di Marika stessa, un suo alter-ego che agisce e pensa da sé (come i due fratelli D, Darian e Devin, hanno due corpi e due menti ma una sola anima): Radagon è Marika, due volontà opposte e inconciliabili, una donna mascolina che ambisce a stabilità, sicurezza e ordine, e un uomo femmineo attratto da sensibilità, comprensione e progresso. La natura umana sempre duale, scissa, irrisolta, in conflitto con sé stessa. Sarà proprio questo segreto a suggerire a Goldmask la soluzione – o meglio, a chiarirgli il problema: l’inaffidabilità degli dei-umani crea instabilità nell’ideologia, e in ultima analisi (dal giapponese) “non abbiamo bisogno di Dei umani”. Mentre il finale con le rune riparatorie del Mangiasterco e di Fia risolvono ciascuna solo una delle specifiche persecuzioni interne all’Ordine Aureo (degli Omen e di Coloro-Che-Vivono-Nella-Morte) il finale di Goldmask è considerato il più profondo e positivo perché sradica il problema: la legge divina non è di nessuno, ossia è solo legge naturale, è solo logica, e poiché ciò che viene immesso nell’Elden Ring diviene vero, basta immettere nell’Elden Ring la nozione di “trascendente ideologia” per cui la legge basta a sé stessa. Dopotutto il Fondamentalismo è soprattutto “nozioni di matematica e meccanica”. Ritorna in mente, di nuovo, Harari, che dice: la storia dell’universo è stata la prosecuzione di una storia della fisica, poi della chimica, poi della biologia, e infine della storia propriamente detta, la storia umana. Così se la Causalità è la legge per cui ogni cosa è effetto di un’altra, il Regresso ci dice che tutto vuole ritornare a quell’origine attraverso “l’attrazione del significato” (“the pull of meaning”): per capire il mondo Goldmask non vuole proiettare desideri umani su esseri divini, ma tornare alle basi, alla matematica, a un mondo di cause e conseguenze.
Si può contestare l’impostazione etica di Goldmask: non tutto è semplice fatto, anzi forse non esiste fatto senza valore. Cristallizzare per sempre le regole del mondo senza poterle più modificare significa attribuire ad esse un valore intrinseco in quanto stabili e certe. Per esempio, Goldmask si duole delle persecuzioni ai danni dei discriminati, ma non è la sua Runa a modificare la Logica del Mondo che li ha resi tali. Si potrebbe obiettare che questa scelta è l’unica possibile: se si potessero scrivere le regole fisiche e metafisiche del mondo, quali che esse siano, potranno sempre apparire arbitrarie e ingiuste – è rimuovere la possibilità di riscriverle, la sola soluzione. Non abbiamo bisogno di dei-umani.
Goldmask è il pensatore, colui che ha il coraggio di compiere il passaggio dal pensiero religioso a quello logico, e infine a quello scientifico. Ma il gioco non si tira indietro, nel suo pessimismo: il destino di chi percorre questa strada è incorrere nella furia di coloro che fino a prima lo seguivano, ansiosi di ricevere una parola di verità, ma indignati e furibondi appena la ricevono. Nessuno vuole tornare alla matematica. Goldmask, dopotutto, ha imparato a non parlare. Questa è la sua saggezza, o la sua resa?
Fonti per credits e perchè potrebbero interessarvi:
Elden Ring: Rivelazioni, di Michele Poggi “Sabaku No Maiku” e Mirko LaMarca
Medioevo da Non Credere, videoconferenze di Alessandro Barbero
Creeds of the Erdtree, video di Tarnished Archaeologist
Order is a Lie, video di SmoughTown
Trattato sull’Arte Alchemica di San Tommaso D’Aquino
Nati Per Credere, di Telmo Pievani
Sapiens: Da Uomini a Dei, di Yuval Noah Harari
Godel, Escher, Bach di Douglas Hofstader