Il cheating nei videogiochi è in generale l’atto di svicolare in un modo qualsiasi dalle regole e limiti preposti dal gioco per l’ottenimento di un vantaggio. Esso quindi è diventato, più o meno giustamente, oggetto di stigmatizzazione. Questo articolo non vuole analizzare i motivi psicologici che ci portano al cheating, che sono sicuramente vari e sfaccettati, ma semplicemente determinare se ed eventualmente in quali contesti è lecito. Il mio discorso si focalizza sui videogiochi, ma è perfettamente estendibile a qualsiasi tipologia di gioco.
Innanzi tutto esplichiamo l’ovvio: il cheating nei giochi multiplayer è scorreto, ovvero rovina l’esperienza a tutti i partecipanti, compreso il cheater (a prescindere da come egli stesso possa pensare). La competizione è il confronto di skills e conoscenze all’interno di predeterminare regole, quindi nel momento in cui si esce da esse, perde di senso. In un picchiaduro ad esempio sono molti gli elementi su cui la sfida viene decisa: strategia, riflessi, adattabilità, conoscenza tecnica; ma ci si aspetta che i players siano comunque umani e che non si affidino a tools esterni come ad esempio un software che fornisce input al posto loro, il loro uso renderebbe insensato il confronto. Si può anche creare una competizione tra chi programma il bot che risulta il miglior combattente, ma è palese che ciò costituisce un altro set di presupposti e regole e quindi una competizione completamente diversa. Uscire dalle regole, qualsiasi esse siano, fa sì che si sta letteralmente giocando ad un gioco diverso, e di conseguenza non può fondamentalmente esistere la competizione, avendo un confronto su basi diverse.
Può nascere però della controversia quando sussiste una discrepanza tra le regole effettive e le regole “intese”. Nel tennis ad esempio negli ultimi anni alcuni giocatori hanno sfruttato la propria pausa bagno in momenti cruciali del match, estendendola inoltre il più possibile, con il chiaro fine di intaccare la psicologia dell’avversario, ottenendo quindi un vantaggio. Tecnicamente non è stata infranta alcuna regola, le pause erano concesse dal regolamento, quindi di fatto non si ha barato, i giocatori però hanno come assunzione che tali manipolazioni psicologiche non fanno parte del “giocare a tennis”, creando così la sensazione di averlo fatto. A questo punto si hanno due opzioni: non fare nulla e lasciare che tali manipolazioni psicologiche siano incluse nella faretra di tattiche utilizzabili nel tennis, o modificare il regolamento per cercare di impedire tali comportamenti. Voglio sottolineare che entrambe le opzioni sono perfettamente lecite, il punto cruciale è che non ci sia ambiguità tra ciò che si crede di star giocando e ciò che si sta effettivamente giocando. Ad esempio, tornando all’ambito videoludico, non ci sarebbe nulla di male se in un multiplayer online tutti i giocatori utilizzassero una mod che, per dirne una, raddoppiasse la vita del personaggio, ma solo ed esclusivamente se c’è unanimità sul suo utilizzo, impossibilitando quindi fraintendimenti su cosa e come si sta giocando, e competendo tutti sulla stessa base.
Ora invece ci chiediamo: e nei giochi singleplayer? La risposta è opposta: è sempre lecito. Qui non c’è alcuna esperienza da rovinare se non la propria, il mio “cheating” non impatta direttamente altre persone, il tutto avviene solo tra me e il software, di conseguenza qualsiasi cosa si faccia nessuna etica viene infranta.
Però il fatto che sia lecito farlo, non vuol dire necessariamente che si dovrebbe. Il punto centrale è: il mio cheattare rompe l’esperienza che il game designer e collaboratori hanno costruito? Se la risposta è positiva è consigliabile non farlo. Noi giochiamo per esperire ciò che il team di sviluppo ha pensato per noi, se non ci piace, nessuno ci vieta di disinstallare il software. Naturalmente il problema sorge di nuovo quando non ci piacciono solo alcuni degli elementi del gioco, quindi abbiamo motivazioni per continuare a giocare. Qui non c’è una risposta universale, perché ci si deve basare sul buon senso del giocatore nel stabilire se la mia effettiva modifica al software distrugge l’esperienza che il gioco vuole trasmettere o è solo qualcosa di contorno. Nel primo caso, il mio intervento andrebbe a vanificare l’esistenza stessa del software, o quantomeno renderebbe insensata la mia fruizione delle parti intaccate. Il dilemma è arduo perché necessita un giocatore coscienzioso dei meccanismi del gioco, e anche in quel caso comunque non si può essere nella testa degli sviluppatori quindi un rischio di rovinare l’esperienza esiste sempre, soprattutto quando si è blind.
Per cercare di spiegarmi meglio, vi condivido parte del mio approccio personale, arricchito da un aneddoto. Vi fu un caso in cui per pura frustrazione cheattai, skippando una sfida posta dal gioco. Ricordo questo aneddoto con vergogna perché il gioco in questione divenne poi uno dei miei preferiti di tutti i tempi, essendo anche uno dei pochi giochi che ho rigiocato più volte, acquisendo inoltre un livello di skill estremamente superiore a quello richiesto dalla sfida in questione, che naturalmente rifeci legittimamente, oltre a molte altre ben più avanzate. Guardando indietro quindi noto come la mia frustrazione del momento mi portò a rovinarmi quella specifica esperienza, che fortunatamente recuperai successivamente. Ciò nonostante, ci sono comunque casi in cui non esito ad avviare Cheat Engine, ovvero nel caso di presenza di farming. Costituisce una meccanica a mio parere quasi sempre ingiustificabile, irrispettosa del tempo del giocatore e che non fornisce alcuna esperienza aggiuntiva, quindi se posso colgo l’occasione di evitare questa ripetitività a mente spenta.
Estendendo il discorso, il cheating viene comunque visto con un certo disdegno anche nell’ambito singleplayer, consideriamo quindi non solo il player e il gioco ma anche le persone intorno, che possono essere eventuali amici, membri di communities, followers, etc. In realtà anche qui la risposta a quale sia il loro ruolo è abbastanza semplice: non sono affari loro. Abbiamo già concluso che le parti interessate sono solamente il player e il software, quindi l’opinione altrui è ininfluente. Il rischio di rovinare l’esperienza col software esiste, quindi il consiglio di non cheattare può essere anche legittimo e gradito se dato perché ci si tiene all’esperienza del player e se comunicato in modo civile, d’altronde è quello che sta facendo il sottoscritto con questo articolo, però accuse varie e l’additamento infantile risultano solo tossici, e spesso solo traducibili in “gne gne io ho giocato il gioco vero e tu no”.
Voglio inoltre trattare il caso di due giochi: Elden Ring e Undertale, anche se non parlando strettamente di cheating.
L’ultimo gioco di From Software purtroppo presenta un combat system estremamente sbilanciato, comprendendo degli equipaggiamenti o delle intere build che producono un output di danni smisurato che annullano interamente o quasi il combattimento. Mi sembra banale scriverlo, ma l’utilizzo di tali oggetti non è cheating, è tutto previsto dal design del gioco, quindi anche se quest’ultimo è oggettivamente fallace, è scontato che non si sta uscendo dalle sue regole. Si può fare un discorso diverso, ovvero che premere ripetutamente LT con la Rivers Of Blood (soprattutto pre-nerf) non è sicuramente l’esperienza di combattimento che la From si era preposta di offrire, quindi anche se la colpa di ciò è solo di quest’ultima, penso sia ragionevole consigliare di non abusarne. Però di nuovo, ciò deve essere al massimo un consiglio e non un’imposizione, e in ogni caso affibbiargli il termine cheating è insensato.
Nell’esempio di Undertale, invece, col tempo si è costruita attorno ad esso una community alquanto… “intensa”. Sono tutt’altro che rari episodi in cui qualcuno insistette nell’adoperare un particolare approccio all’opera, non curante del come il player di turno volesse giocare per la sua prima volta Undertale.
Ho posto questi due esempi per sottolineare che con l’imposizione di uno specifico approccio, anche se nel caso ottimistico è fatto per genuino desiderio di far vivere nel migliore dei modi un’opera, la risultante forzatura distrugge quello che si voleva preservare. Questo vale anche col cheating nel mondo singleplayer, il quale però ha effettivamente dei rischi di rovinare l’esperienza personale, e il player dovrebbe essere conscio della loro esistenza, ma in ogni caso la decisione di correrli spetta a lui soltanto, mentre il ruolo degli altri al massimo può essere solo ed esclusivamente il fornire una gentile avvertenza.