Recentemente ho iniziato la mia avventura nello studio del game design. Per quanto riguarda i libri che trattano di tale argomento tra i più consigliati vi è “ The Art of Game Design: A Book of Lenses”, il quale prevedibilmente nelle fasi iniziali della trattazione pone la domanda di come si definisce un “Gioco” o cosa significa “Giocare”, domande le cui risposte però sono ancora oggi oggetto di dibattito. Di fatto il libro usa la metafora della ricerca del "Mendeleev dei giochi”, ovvero chi o coloro siano in grado di stipulare una volta per tutte tali definizioni così come Mendeleev costruì la tavola periodica degli elementi, e leggendo ciò non potei resistere alla sfida autoimposta di formularle io stesso. Quindi, come forse si sarà intuito, questo articolo sarà un’istanza di una delle attività in cui ognuno prima o poi ricade, ovvero un “gioco” semantico (a.k.a. un superpippone-mentale™), che però spero possa ispirare un almeno minimo alla riflessione su questa a noi tanto cara forma d’arte che è il gioco.
Il problema di definire correttamente “giocare” o “gioco” è che l’utilizzo di tali termini nelle frasi “sto giocando a Street Fighter”, “Il gioco degli scacchi”, “stanno giocando a nascondino” è tanto scontato quanto corretto, però in altri contesti è meno chiaro. Ci siamo sicuramente imbattuti almeno una volta nell’espressione “La vita è un gioco” o “ Il gioco della vita”, in cui si tenta di visualizzare tutta la nostra esistenza come un gioco, o magari non la nostra vita ma qualcosa che istintivamente non è considerato come tale: “un gioco di potere economico”, “un gioco politico”, “game of thrones”, eccetera. O ancora può essere che quando alle prese con un’attività particolarmente noiosa vi è stato detto o avrete voi stessi pensato “vedila come un gioco” per cercare di invogliarvi a completarla. Tutte queste espressioni sono semplicemente tali o abbiamo effettivamente a che vedere con giochi? In quest’ultimo caso però potrebbe sembrare che qualsiasi cosa sia un gioco, facendo perdere di senso il termine. La sfida è quindi definire correttamente trovando il giusto equilibrio tra specificità e generalità.
La definizione di “giocare” in realtà si appoggia su altri concetti, primo fra tutti il concetto di “Interazione”, che di fatto non ci sorprende dato che a pensarci bene essa è il fattore che distingue un gioco da altri medium come il libro o il film. È l’interazione cuore pulsante del processo ludico, e la definisco come segue:
L’interazione è lo scambio di input e output tra 2 o più enti
Come si ben nota, è una definizione estremamente generale, perché ogni tipo di azione/reazione/influenza può essere un input ricevuto o un output prodotto, ed “ente” invece è letteralmente la generalità fatta parola, ma vi chiedo comunque di seguire il mio ragionamento e procedere a definire cos’è un “giocattolo”:
Un ente con cui si ha una interazione può essere un giocattolo
Ma anche qui noterete l’estrema generalità della definizione, perchè io posso interagire con qualsiasi cosa ( e in fondo il 100% della nostra esistenza è interazione) ma non rende qualsiasi cosa un giocattolo, il che di nuovo andrebbe a far perdere il significato il termine. Il primo vero progresso è la definizione di “gioco”:
Un gioco è l’insieme di regole e obiettivi che specificano come deve avvenire l’interazione con uno o più enti denominati giocattoli
Adesso abbiamo finalmente qualcosa di cui parlare. Cosa differenzia il gioco degli scacchi dalla scacchiera? Quest’ultima è l’insieme della tavola di gioco e dei pedoni, ma niente di più, quindi costituisce di fatto il giocattolo, ed è possibile giocare a scacchi solo quando è affiancata dalle regole e obiettivi degli scacchi, che regolamentano le interazioni con essa (come si muovono le pedine, come funzionano i turni, le condizioni di vittoria, etc). In particolare gli input e output che caratterizzano tali interazioni sono visivi, muscolari e fisici, ovvero di riconoscimento visivo della posizione dei pedoni e spostamento con le mie mani di quest’ultimi. Se io invece volessi usare i pedoni per cercare di posizionarli uno sopra l’altro per costruire la torre più alta possibile, non sto più giocando a scacchi anche se il giocattolo è il medesimo, come lo sono gli input e output che caratterizzano l'interazione con la scacchiera, ma le regole e gli obiettivi sono cambiati.
Nella frase precedente ho però usato la parola “giocare”, che in realtà nasconde nella sua definizione l’ultimo elemento chiave, forse il più importante per tutta la trattazione. Quindi procediamo ad esplicarla così da poter completare il discorso:
Giocare è l’atto di chiara e intenzionale visualizzazione di un gioco con un giocattolo
o esplodendo la definizione di gioco:
Giocare è l’atto di chiara e intenzionale visualizzazione di un insieme di regole e obiettivi che specificano come deve avvenire l’interazione con un giocattolo
Si noti l’enfasi sulla intenzionalità che è la chiave per mantenere un elevato grado di generalità, ponendo però un distinguo tra cosa è un gioco e cosa no. Proviamo ora ad applicare le nostre definizioni a più contesti per vedere se il sistema regge o è fallace.
Dark Souls è un gioco (per la precisione un videogioco) a cui posso giocare, ovvero io intenzionalmente so di star giocando, con il giocattolo che è il software costituito da vari assets. Le interazioni tra esso e me sono previste e dettate dal codice che ne stabilisce il funzionamento e gli obiettivi, attraverso input che per me sono visivi e uditivi (monitor e cuffie), e che sono stati invece gli output del gioco, sviluppati dai suoi input, in origine miei output forniti attraverso il controller. Se cambiamo il funzionamento delle parametrie o il movimento del personaggio o il funzionamento di base di come funziona l’AI dei nemici o qualsiasi altra meccanica abbiamo effettivamente cambiato gioco e non stiamo più giocando a Dark Souls, anche se gli assets rimanessero identici. Al contrario se le meccaniche definite dal codice di gioco rimangono le medesime ma gli assets vengono sostituiti abbiamo cambiato giocattolo ma stiamo comunque giocando a Dark Souls, quanto meno nella componente ludica.
Se invece stiamo giocando a nascondino, il gioco sono le regole e obiettivi che penso tutti conosciamo, che si basano su interazioni di tipo visivo/uditivo/tattile, e il giocattolo sono l’area in cui giochiamo e anche gli altri giocatori. Di fatto in ogni gioco multiplayer gli altri giocatori sono compresi nel giocattolo dato che vi è interazione con essi, non solo perché senza di loro il gioco non funzionerebbe ma anche perché la psicologia e stile di gioco altrui influenzano le nostre interazioni.
Passiamo invece a contesti a cui la parola giocare non viene spesso attribuita ma che in realtà è totalmente possibile, perché subentra la componente “chiara e intenzionale visualizzazione”. Probabilmente la maggior parte delle persone non vede il proprio lavoro come un gioco, il che non significa necessariamente che lo si odia, ma che semplicemente non lo si è mai visto come tale. Però se si visualizza come giocattolo l'ambiente di lavoro e i colleghi o la propria azienda, e come obiettivo il guadagno di una certa somma, ecco che abbiamo formulato un gioco. Per rimanere nello stampo classico magari si possono aggiungere delle quest secondarie le cui ricompense invece di essere exp consistono nel concedersi una bella pizza e il gioco è letteralmente fatto. Il discorso si estende anche a tutti gli esempi precedenti, la vita può essere un gioco, come lo può essere diventare primo ministro di una nazione, avere una relazione amorosa o andare a fare la spesa. Basta visualizzare come caratterizzare regole e obiettivi.
Questo articolo è un gioco? No. Voi state giocando leggendo questo articolo? In questo momento non credo, ma potreste. Vi basta giocare a “Leggi tutto l’articolo”, e queste lettere che state leggendo e il dispositivo che state usando si tramutano in giocattolo, con cui sussistono interazioni visive (attraverso lo schermo) e tattili (con il dito o con la rotellina del mouse o col mousepad), con l’obiettivo di leggere tutto e capirlo, magari con la regola aggiunta di un tempo limite perchè siete giocatori hardcore. Vi è però un motivo per cui molte cose non vengono visualizzate come giochi, ed è perché il fatto che qualsiasi attività possa essere visualizzata come gioco, non vuol dire che debba, perché in molti casi ciò che viene creato non costituirebbe un bel gioco. Il famigerato “ Guarda immobile il muro per 8 ore - Championship Edition” probabilmente non è un buon gioco. Naturalmente sorge spontanea la domanda di cosa sia un buon gioco, cosa lo rende divertente e cosa sia in effetti il divertimento, ma è un argomento estremamente più complesso quindi non mi esprimerò al riguardo in questo articolo. Infine, tutta la mia ricerca delle precedenti definizioni è stata di fatto un gioco. Il giocattolo è il linguaggio, con cui ho interazioni di ragionamento logico attraverso il gioco della costruzione di definizioni inattaccabili nelle regole del linguaggio stesso.
Prendendo invece una definizione già esistente, come quella di gioco estrapolata dal dizionario treccani:
Qualsiasi attività liberamente scelta a cui si dedichino, singolarmente o in gruppo, bambini o adulti senza altri fini immediati che la ricreazione e lo svago, sviluppando ed esercitando nello stesso tempo capacità fisiche, manuali e intellettive
In cui possiamo notare gli stessi elementi, formulati magari diversamente o in meno dettaglio. L’unica differenza è nel “senza altri fini immediati che la ricreazione e lo svago”, elemento con cui personalmente non sono d’accordo. Nella visione provveduta dal dizionario è chiaro che il gioco e il divertimento siano inscindibili, ma si può comunque giocare un brutto gioco, definito tale appunto perché non crea divertimento. Si pensi oppure al plausibile contesto di uno streamer magari in burn out dato che streamma 6 ore al giorno contenuti di gaming oramai controvoglia. Probabilmente non trae alcun divertimento dai giochi a cui gioca, ma non penso sia corretto dire che non stia giocando. Sviando un secondo dal discorso, questo ci sottolinea che per creare una esperienza positiva non è sufficiente un bel gioco.
A questo punto dell’articolo penso di aver trasmesso il cuore di quello che volevo condividere. Vi sono altri contesti interessanti da analizzare, ad esempio quelli in cui la visualizzazione del gioco avviene in maniera meno conscia, come quando siamo infanti o quando giochiamo con qualche oggetto ad esempio una moneta o una penna, ma l’applicazione delle definizioni è sempre la medesima di conseguenza penso non ci sia necessità di allungare il discorso. Spero quindi che questo mio gioco del trovare la definizione perfetta sia stato spunto di pensiero e ragionamento, magari invogliando qualcun altro a cimentarsi in tale sfida. Un caloroso saluto a tutti giocatori.