Qualche anno fa feci una vacanza al mare con degli amici. Di quel viaggio oggi mi rimangono solo dei vaghi ricordi, ma c’è una cosa che non dimenticherò mai.
Nella spiaggia in cui io e gli altri facevamo i perdigiorno veniva sempre una coppia di mezza età, nello stesso posto e alla stessa ora. Lei era costretta su una sedia a rotelle, per questo motivo il suo compagno, dopo aver sistemato il telo sulla sabbia, la portava con sé in braccio il più possibile vicino alle onde. I due erano come gli ingranaggi di un orologio svizzero: arrivavano sempre un’ora prima del tramonto e lo ammiravano insieme, per poi tornarsene a casa quando il sole era scomparso dietro l’orizzonte.
Li guardavo affascinato, ma allo stesso tempo con una forte ed inspiegabile angoscia. Non sono mai riuscito a capire da dove venisse quella sensazione, né mi sono mai deciso a parlarne con qualche amico. Forse per timidezza, forse per la testardaggine di voler uccidere i miei demoni da solo, senza l’aiuto di nessuno.
La verità è che volevo sentire le parole di uno sconosciuto, di qualcuno che non mi conoscesse e che in qualche modo non volesse o potesse giudicarmi. Un effimero ma prezioso amico di passaggio, come quelli che si possono incontrare in un lungo viaggio in treno.
Se vi siete trovati in questa situazione almeno una volta, Kind words (lo fi chill beats to write to) è di certo il titolo che merita la vostra attenzione. Più un santuario virtuale che un videogioco in senso stretto, questo piccolo esperimento interattivo è stato in grado di farmi vivere esperienze e sensazioni uniche, che non provavo dall’ultima volta che scrissi una lettera ad una cara amica lontana.
Il fascino di Kind words sta proprio in questa sua semplice ma stupenda idea di fondo: scrivere i nostri pensieri, dubbi o paure e lasciarle volare nell’etere cibernetico, nell’attesa che uno sconosciuto dall’altra parte del mondo le legga e decida di regalarci una risposta. Che sia un consiglio sincero, una semplice riflessione oppure un goffo tentativo di tirarci su di morale, non ci sarà mai concesso conoscere l’identità della persona che ha voluto prendere in carico la nostra richiesta d’aiuto.
Ed è proprio grazie alla creazione di questo spazio segreto, libero da pressioni sociali e reputazionali, che il titolo di Popcannibal mi ha ricordato il prezioso valore dell’anonimato, un lusso oggi fin troppo svalutato a causa del suo abuso distorto. Sotto quest’ottica, Kind words è il migliore dei social network possibili, la piattaforma di cui abbiamo bisogno ma che non meritiamo. Un luogo prezioso, in cui possiamo finalmente abbandonare per un attimo la pesante zavorra a cui ci ha costretto la comunicazione moderna.
In un mondo falsamente social che ci obbliga a costruire una vetrina in cui sono ammessi solo i the very best of della nostra vita, la piccola ed accogliente stanza in cui ci ritroveremo a scrivere o a leggere si rivelerà essere un rifugio in cui riprendere il fiato, cullati delicatamente dalla musica lo-fi consigliataci dal nostro fedele cervo-postino.
La bellezza della formula pensata dal team si vede anche nella quasi totale assenza del rischio di ricevere risposte offensive. Personalmente, infatti, non mi è ancora successo e attribuisco ciò al fatto che Kind words è strutturalmente inadatto a dare libero sfogo a i nostri più bassi istinti: non c’è nessun agone in cui mortificare pubblicamente il prossimo per il solo desiderio di appagare biecamente la nostra autostima.
Si è solo in due: colui che chiede aiuto e colui che accoglie la richiesta, uniti da una effimera intimità e rinnovata empatia per il patema d’animo dell’altro.
Ma il momento più intenso, per me, è stato quello di farmi parte attiva e rispondere in prima persona alle richieste di aiuto. Il gioco non ti mette alcuna pressione, ma se siete un tantino sensibili e vi siete immersi nell’atmosfera che vi circonda, sentirete un certo desiderio di fare in un modo che le vostre parole contino davvero, mentre - dita sulla tastiera - scriverete la vostra lettera di risposta.
Nessun gioco procedurale (o forse sì) sarà in grado di presentarvi una tale varietà di situazioni, le quali richiederanno i vostri attenti e misurati consigli. Il tutto, peraltro, amplificato dal dover interagire con persone reali da chissà quale parte del mondo. Il fascino di questa imprevedibilità e libertà di espressione sta anche nel fatto che le richieste dei nostri corrispondenti non dovranno essere per forza tragiche, ma potranno sostanziarsi anche in piccoli consigli nella vita di tutti giorni (ad esempio, un giorno ricevetti la richiesta di qualcuno che si era preso una pausa dal lavoro per imparare a preparare dei biscotti insieme alla figlia e chiedeva una ricetta per principianti).
Kind words ci tiene però a ricordarci che il nostro supporto, per quanto possa essere d’aiuto, è solo un prezioso sussurro passeggero. Colui che ha ricevuto la nostra risposta, infatti, non avrà modo di replicare a sua volta, ma potrà inviarci uno sticker in segno di gratitudine. Come decideremo di interpretare questo regalo, spetterà a noi.
Il titolo di Popcannibal è un’esperienza comunicativa unica, che permette a ciascuno di noi di aprirsi all’altro in un ambiente tranquillo e comprensivo. Un posto in cui, dopo una lunga e difficile giornata, vorrete rifugiarvi anche solo per pochi minuti.
PS: Sì. Anni dopo quell’episodio, qualcuno in Kind words ha tentato di interpretare quella mia inspiegabile sensazione di malinconia. E quella risposta non la dimenticherò mai.