Io non amo videogiocare, non più, i pomeriggi infiniti davanti allo schermo tentando di salvare principesse sono ricordi consumati, frammenti di magia intrisi d' illusione, fughe dalla realtà che presto avrebbe bussato alla mia porta. Beata inconsapevolezza.
Il tempo dilatato, I sensi completamente assorbiti, un joystick con le ventose usurate, la spasmodica attesa del caricamento fissando frenetici arcobaleni orizzontali.
Sisters lo chiamavamo, e tanto ci bastava, una piccola gemma scoperta casualmente tra le molte cassette dalla dubbia legalità, che in quegli anni invadevano il mercato. Riuscii a ottenerla dopo una lunga opera di persuasione, grazie alla quale convinsi il mio miglior amico ad arrendersi, consegnandomi così, l'agognato premio!
In salotto, sotto al televisore troneggiava un commodore 64, fidato compagno di mille avventure videoludiche e chiave d'accesso di emozioni ormai sopite, al suo fianco un datassette scolorito, dallo sportellino scricchiolante, che timidamente accoglieva all' interno nastri di svariata provenienza. Sisters non era il solito “giochino”, lo capii appena venni invaso dall' epica colonna sonora in crescendo, impreziosita da titoli di testa a scorrimento orizzontale, che aprivano squarci di consapevolezza, sul fantastico mondo che presto avrei esplorato. La mia giovane psiche vacillò ripetutamente, non era pronta a un attacco simultaneo di tale portata.
L'ingenuità a quei tempi la faceva da padrona, il canale 36 della TV (specifico per vedere il C64 sullo schermo del televisore), credevo fosse una sorta di "emittente per videogiochi", gentilmente offerta dalla Commodore e visibile solo attraverso le sue periferiche; per non parlare del concetto di videogioco "clonato" talmente impensabile che anni dopo, quando vidi per la prima volta Super Mario Bros, credetti immediatamente a un seguito di Sisters con protagonista un idraulico! "Che fosse il fratello di Giana?" Mi domandai. Se devo essere sincero, neanche le informazioni che mi forniva il gioco erano chiare, le limitate conoscenze della lingua inglese non mi permettevano di capirle, ma il divertimento avrebbe abbattuto qualunque barriera l'ignoranza mi avesse parato davanti.
Di fronte ai miei occhi una graziosa bambina saltellava inconsapevole con un vistoso fiocchetto di pixel rossi tra i capelli, quando all'improvviso grazie a un power-up (in stile Mario) veniva trasformata in una teppistella punk dalla capigliatura arruffata, che uccideva strane creature mentre abbatteva muri a suon di testate. Questa ambivalenza rimanda a Dr. Jekyll e Mr. Hyde e ritorna nel susseguirsi degli schemi di gioco, i quali si alternano tra ambienti esterni alla luce del giorno, seguiti da altri situati nell'oscurità del sottosuolo. Ambivalenza presente anche nelle sensazioni riemerse riscoprendo il titolo, che da una parte mi portano con rimpianto a volgere lo sguardo al passato e dall'altra a provare un sentimento di gioia, che mitiga la mancanza di qualcosa che è appartenuto alla mia vita e ora non c’è più. Giana, sorella di Maria, è una piccola bambina milanese che durante il sonno si ritrova imprigionata in un incubo dal quale non può fuggire, l 'unica speranza di ritornare nel mondo reale è trovare un gigantesco diamante che le permetterà di risvegliarsi. Per compiere questo viaggio immaginario, la nostra protagonista dovrà affrontare 33 scenari di gioco lottando contro il tempo; l'aspetteranno varie insidie tra le quali: fiamme roventi, baratri oscuri, piattaforme pericolanti e bizzarre forme di vita che tenteranno di ucciderla tramite il loro tocco. Fortunatamente durante il tragitto la raccolta di gemme, unita a progressivi potenziamenti, le consentiranno un cammino più agevole. Merita una menzione d'onore la bellissima colonna sonora di Chris Hülsbeck che cambia di ritmo, in prossimità dei momenti salienti del gioco regalando pregevoli atmosfere.
Ovviamente l'impossibilità di salvare la partita in corso o di regolarne la difficoltà, unita alla limitatezza delle vite disponibili, portava a una frustrazione necessaria che imponeva concentrazione totale, indispensabile per raggiungere qualche risultato; le limitazioni software/hardware del Commodore 64 non aiutavano, in particolare quella costituita dal Joystick che avendo un solo tasto abilitato (di solito lo sparo) costringeva a saltare alzando la levetta verso l'alto a discapito della precisione nella fase aerea. La difficoltà di queste sfide, affrontate in età giovanile sono alcune delle componenti fondamentali, che mi fanno collocare il videogioco in un posto speciale rispetto ad altre forme d'intrattenimento.
A volte un odore, un suono, o solamente un'immagine mi catapultano nel passato come se fossi preso di forza e scaraventato altrove; Sisters, è stato il pretesto per ritornare al magico periodo dell'infanzia, nel quale ogni atto compiuto restituisce un coinvolgimento assoluto, la mente come una spugna è pronta ad assorbire l'emozione nella sua massima purezza, essenzialmente per la mancanza di sovrastrutture che si sedimenteranno solo con il passare del tempo. Complice l'inesperienza e l'assenza di termini di paragone, quando mi guardo indietro con la lente distorta delle emozioni The Great Giana Sisters mi appare il gioco più bello del mondo; e in fondo, all'epoca, era tutto quello che mi serviva. Creando un perimetro nel quale sentirmi al sicuro potevo sviluppare un linguaggio compreso solo da persone che mi assomigliassero e nel videogiocare riuscivo finalmente a riconoscere negli altri frammenti di me, a percepirmi come parte di qualcosa differenziandomi dalle regole imposte dagli adulti, cercavo un luogo protetto dove tornare che mi avrebbe sempre accettato.
Viviamo un eterno presente in cui regna l'immediatezza, nel quale le informazioni riportano una data di scadenza impressa a fuoco; ritagliarsi dei momenti per accedere a quel nucleo di memorie passate, che hanno contribuito a formarci credo sia salvifico anche per affrontare con rinnovata consapevolezza il futuro.
Occasionalmente mi faccio cullare dalla nostalgia, per poi scoprire che in realtà sono tentacoli che mi avvinghiano trascinandomi negli abissi di un tempo perduto.
Catapultato in un mondo parallelo l'alienazione era la mia salvezza.
In ricordo di Armin Gessert.