“To pull a No Man’s Sky” è un neologismo affiorato recentemente nel vocabolario videoludico e che riassume con efficacia la travagliata vita dell’opera di Sean Murray. Come facilmente intuibile per chiunque abbia seguito la vicenda, si riferisce alla necessità di un gioco di dover recuperare credito dopo un lancio claudicante, come successo in tempi recenti per Fallout 76 o Cyberpunk 2077.
La storia del titolo di Hello Games (da qui in poi abbreviato in “NMS”) è ormai cosa nota e per chi fosse interessato a conoscerne i dettagli lascio in calce il link ad un video che riassume in maniera molto ironica e divertita (“If the universe is so big why won’t it fight me?” la capirete dopo) le vicende e i colpi di scena più salienti di quella che è ormai considerata una delle più clamorose “rimonte” della storia del videogioco. Peraltro il video in questione è stato sicuramente un punto di svolta nella definitiva consacrazione pubblica di NMS come titolo finalmente realizzatosi, capace di salvarsi dalle sabbie mobili in cui vide la prima luce.
Long story short: causa inesperienza e quello che sembra davvero genuino entusiasmo per la propria creatura, Sean Murray, senza avere alle spalle un reparto marketing in grado perlomeno di consigliarlo, cedette alla tentazione di pubblicizzare aspetti del gioco ancora in fase embrionale, col risultato di esordire con un titolo vanilla ampiamente sotto le attese. Non solo in generale un comparto tecnico deludente; ad aggravare la situazione notizie confuse sul multiplayer e sui possibili aggiornamenti futuri completavano il quadro di uno dei primi esempi eclatanti di lancio qualitativamente in forte disaccordo con quanto sponsorizzato in fase di pre-order. L'affaire NMS divenne un monito per tutti i consumatori e per le software house. Va bene uscire con una scultura ancora acerba da aggiustare in corso d’opera, ma qui si era esagerato. Le aspettative generatesi negli anni precedenti a causa delle svariate dichiarazioni di Sean Murray, in cui veniva accennato questo e quello e quell’altro ancora come caratteristiche che si sarebbero ritrovate nel gioco, completarono la tempesta perfetta. Il padre di tutti i backlash era servito.
Con sorpresa di tutti, però, NMS è riuscito col tempo e in sordina, mattone procedurale dopo mattone procedurale, a implementare tutte quelle feature chiacchierate prima del lancio, portando a compimento la stragrande maggioranza delle promesse iniziali. La community di videogiocatori ormai innamorata senza riserve della ricetta spaziale brandizzata Hello Games è così diventata uno dei posti meno tossici in assoluto da frequentare su Reddit.
IL DUBBIO
Osservando l’elenco grezzo degli aggiornamenti sparati fuori da quel lontano Agosto 2016 non ci si crede. Non solo per la quantità, ma anche perchè stiamo parlando di espansioni sempre completamente gratuite, uscite a cadenza trimestrale-ish, includenti il tanto classico quanto corposo aggiornamento estivo, solitamente in concomitanza con l’anniversario della release date del gioco. Da iniziale esclusiva Sony e Steam, NMS è approdato anche nella famiglia Xbox, diventando infine multipiattaforma (ad eccezione della povera Nintendo Switch), comprendendo come ciliegina sulla torta la possibilità di interagire cross-gen e cross-play con altri giocatori. L'elenco delle medaglie al valore non si ferma qui: NMS s è del tutto scevro da microtransazioni. Esiste la classica valuta alternativa dedicata principalmente agli oggetti cosmetici, ma questa può essere accumulata esclusivamente in game, facendo missioni o altre attività.
Nel corso di questi anni di aggiornamenti Hello Games ha praticamente messo mano ad ogni aspetto del gioco, che è stato migliorato, potenziato, diversificato, pompato. Ma allora perché NMS, nonostante tutto, sembra sempre servire un prodotto irrisolto? Perché si avverte ancora quel prurito che fa chiudere una sessione di gioco – magari dopo aver spolpato l’ennesimo update - con una sensazione agrodolce tra i polpastrelli? Qualcosa sembra non tornare, come se la freccia scoccata negli anni dall’arco sempre più robusto craftato da Sean Murray sembri sempre destinata a rimbalzare sul bordino di ferro che delimita il centro del bersaglio, mancandolo ogni volta.
IL PATTO INIZIALE COL GIOCATORE
NMS, fin dalla sua prima, perinatale versione, ha sempre avuto un’anima cartoonesca e arcade. La gestione degli inventari, il comando di navi e mercantili, la creazione di basi e strutture, non rispondono a logiche di realismo ma di convenienza per il giocatore. E’ per questo che si possono muovere oggetti in un attimo dalla stiva della portaerei, ormeggiata in orbita planetaria, al proprio zaino, o che ci si può spostare di centinaia di migliaia di anni luce – letteralmente da un punto all’altro della galassia – solo con un paio di minuti di caricamento, grazie agli onnipresenti teletrasporti. Questi aspetti hanno sempre demarcato la volontà di restituire un’esperienza quanto più rilassata e easy possibile, senza quegli sbattimenti dovuti a regole da noioso mondo reale.
Diverse nuove feature hanno contribuito a plasmare una creatura sempre più multicefala. L’introduzione di dinamiche di gameplay statico, come la possibilità di costruire impianti di estrazione di risorse o complessi avamposti planetari – destinati a diventare vere e proprie case in cui far respirare il proprio avatar – e la recente (ancorchè tristemente piatta) feature di gestione di insediamenti cittadini, hanno colorato di tinte inaspettate l’esperienza di gioco.
E’ lecito chiedersi, però, se questi nuovi sapori siano riusciti ad innestarsi nel quadro più grande seguendone l’ossatura sottostante. Meglio evitare di incollare piume di corvo sulla coda di una mucca; belle, per carità, ma non c’entrano una mazza.
La reclame con cui da sempre (e ancora oggi) si pubblicizza il gioco è l’arma a doppio taglio che innesca la fantasia del giocatore interessato all’acquisto: “ogni foglia, roccia, nuvola, atomo, mondo procedurali”.
E’ una frase importante che vuole essere una dichiarazione d’intenti senza riserve, Hey amico, qui ogni volta troverai qualcosa di nuovo e inaspettato da scoprire, forse qualcosa che sarai in grado solo tu di vedere vista la vastità della galassia che ti abbiamo servito. La promessa, dunque, di un algoritmo in grado di giocare senza sosta con le variabili estetiche di fauna, flora, geologia, condizioni atmosferiche, planetarie e stellari travolge il neo-giocatore e si propone come centrale nell’esperienza videoludica che intende offrire.
L’idea della proceduralità applicata non più “solo” a titoli rogue-like/lite ma ad una scala immensamente più vasta composta da 18 quintilioni di pioli (18,446,744,073,709,551,616 pianeti per l’esattezza), è stata la scintilla che ha fomentato la curiosità dei giocatori fin dal primo lontanissimo trailer in quell’E3 del 2014.
Aspetta un momento, posso pigliare la mia navicella e atterrare su ogni pianeta che trovo che sarà sempre completamente diverso da quello precedente?
Hello Games sembrava aver quindi trovato la soluzione al grande scoglio su cui prima o poi si infrangono i giochi in itinere (come preferisco chiamare i giochi senza fondo). Nel breve o nel lungo periodo i game loop esauriscono la dose di novità fino a divenire scatole vuote che portano il giocatore a passare oltre, verso altri fiammanti contenitori ancora chiusi.
Tutto estremamente intrigante…ma anche tutto estremamente improbabile.
PAREVA TROPPO BELLO
L’inizio e diciamo le prima venti ore di no man’s sky rimangono un momento molto forte. L’immaginario estetico e il senso di libertà esplorativa danno le vertigini, se non proprio uno svenimento da sindrome di Stendhal all’apertura della mappa galattica, così satura di infiniti punti che implorano di essere visitati.
Sistemate l’attrezzatura di base a la navicella si parte quindi col cuore pieno di curiosità verso nuove frontiere spaziali. E si trova il pianeta successivo, del tutto diverso da quello di partenza.
“Woah!”
Il meccanismo si ripete ancora una, due, diverse volte. Animali mai visti, enormi distese oceaniche, stravaganti strutture alla deriva nello spazio, scontri a colpi di plasma con incazzatissimi guardiani robotici. E via così.
Inevitabilmente, però, arriva quel momento in cui il giochino comincia a rompersi. Il vetro mostra le prime crepe proprio con la fauna, senza pochi dubbi l’aspetto meno approfondito negli anni da NMS. Le creature cominciano a presentare preoccupanti somiglianze pur su pianeti enormemente distanti gli uni dagli altri, la varietà subacquea è pressoché inesistente (il che sconcerta ancora di più visto che i pesci sono il gruppo animale con più specie tra i vertebrati, pur ribadendo come detto sopra che NMS non vuole essere simulativo), in grotte e caverne si trovano quasi sempre paguri decisamente minacciosi.
Con il resto della proposta si arriva inevitabilmente alle stesse conclusioni, fino ad arrendersi all’evidenza.
Ci sono in realtà una quindicina di “macro-tipologie” di pianeti, e gli asset che li popolano sono spesso rimaneggiamenti di tonalità cromatiche. “Toh, ancora uno di QUEGLI alberi, stavolta però arancione invece che rosso” vi troverete a pensare.
A riguardo delle meccaniche di gioco non si arriva davvero in nessuna occasione ad offrire un engagement importante al giocatore, che non ha bisogno di maturare particolari skill o conoscenze per poter avere successo in una qualunque delle attività che il sandbox spaziale propone. Si arriva piuttosto facilmente, così, all’accumulo di una ricchezza non solo totalmente inutile, ma anche un po’ forzata. Se sono uno scopritore di mondi perchè dovrei dare così tanta importanza all’accumulo di crediti che non mi consentono attivamente di migliorare le mie possibilità esplorative? In generale i loop si basano su raccolta materiali, crafting, costruzione di case, distruzione di altre navicelle e vengono esauriti in poche decine di ore di gioco. Andrebbe tutto bene se queste fossero attività secondarie all’esplorazione, se davvero dietro l’angolo ci fosse un animale nuovo da incontrare e catalogare, un fiume con un percorso del tutto inusuale, una collina dalla forma e dalla vegetazione unica. Se fosse insomma il senso di meraviglia a guidare la curiosità del giocatore. Beninteso, la critica qui portata non è che NMS non lo faccia mai, ma che riesca a farlo per un periodo di tempo molto limitato rispetto a quanto sia lecito aspettarsi vista la raison d’etre da cui è mosso (e pubblicizzato soprattutto). Inoltre, Sean Murray ha la discutibile abitudine di lanciare nuove feature del gioco come appena abbozzate (guardo voi, exo-mech, living ship e companion update) senza mai tornarci su successivamente per aggiungere layer di profondità. Da ciò che consegue una delle considerazione che più di altre si sentono a riguardo di NMS, “vasto come un oceano ma profondo come una pozzanghera”.
Come ho cercato di esporre, quindi, in NMS la promessa della scoperta infinita non riesce a concretizzarsi, e viene anche da dire meno male, chè altrimenti si rischierebbe di rimanere incastrati per un tempo indefinito nella fittizia galassia di Sean Murray e soci.
Ad ora non ci è dato sapere se questa limitazione all’utopia della scoperta senza fine sia dovuta a limitazioni di hardware (per quanto sia ragionevole pensare possano aver avuto un ruolo). A livello tecnico NMS rimane uno dei punti più alti e ambiziosi della “quasi scorsa” generazione di console ed è un titolo assolutamente consigliato per chiunque abbia bisogno di un po’ di sana deriva psico-geografica, ma a fine partita non si può non sentire l’eco del rumore di quella freccia che sbatte a terra dopo aver mancato l’anello di sughero più importante.