A progettare livelli ci pensa il Game Designer, non il Game Artist. C'è un motivo? Il prodotto di un designer può essere considerato arte?
Ciao, sono Ledo e studio Interazione Uomo-Macchina (IUM) all’università. Produco interfacce utente, dette anche GUI (Graphic User Interfaces), e l’altro giorno sono incappato nel libro “Artista e Designer” di Bruno Munari. Il libro recita:
“Il designer è un progettista dotato di senso estetico che lavora per la comunità”
Secondo Munari, il designer crea un prodotto mettendo l’utente al primo posto, l’artista crea un’opera mettendo se stesso al primo posto. Questo non perché l’artista è un cane egoista, ma se un Leonardo da Vinci avesse voluto mettere una chiazza rossa sopra la faccia della Gioconda perché gli piaceva così… lo avrebbe potuto fare. Mentre se un Jony Ive avesse fatto il tasto dell’iPhone a forma di pene… lo avrebbero (giustamente) licenziato. In sintesi:
l’artista è libero, il designer no.
A cosa pensa chi crea i videogiochi? Pensa in primis a rendere il gioco il più fruibile possibile: mappare le azioni del personaggio ai tasti in modo che siano facilmente utilizzabili; creare una GUI comprensibile per il giocatore; progettare livelli che siano interessanti da navigare; etc etc…
E come lo fa? Come capisce di aver fatto un buon lavoro?
In design esistono due metodi di valutazione di un prodotto:
Con la Documentazione: leggendo articoli basati su dati oggettivi e scientifici già conosciuti, risultati di esperimenti su esperimenti, cose come le 10 Euristiche o la Teoria dei Colori.
Con gli utenti: ascoltando le risposte dei game tester: “Il personaggio è troppo lento”, “Sposta questo bottone”, etc etc.
Tutto questo è l’opposto di arte! Un buon videogioco si plasma intorno alle esigenze dell’utente, non dello sviluppatore. Direi pure che cose come bilanciare una boss fight vanno a “correggere” il desiderio iniziale dello sviluppatore.
Tu non andresti mai da Leonardo da Vinci a dirgli che la prospettiva della Gioconda è fatta male, anche se è vero, non lo puoi fare, perché Leonardo è un artista.
Magari però un videogioco può passare da “prodotto” a “opera d’arte” grazie alla narrativa, raccontando storie incredibili che ti spezzano il cuore. Giusto?
Anche la narrativa però segue schemi oggettivi e scientifici, risultati di esperimenti su esperimenti. Come ad esempio l’Hero’s Journey.
Quindi adesso nemmeno i libri sono arte? Ledo, stai a svalvolà.
Aspetta, mica ho finito! Christopher Booker nel 2004 scrisse pure un trattato dove dice che possono esistere soltanto 7 tipi di storie diverse. Hai letto bene, soltanto SETTE. Ve li elenco pure, con tanto di esempi:
Sconfiggere un Mostro (Star Wars)
Dalle stalle alle Stelle (Aladdin)
La Quest (Divina Commedia)
Andata e Ritorno (Ritorno al Futuro)
Commedia (Il Grande Lebowski)
Tragedia (Il Grande Gatsby)
Rinascita (Il Giorno della Marmotta)
Nemmeno lo scrittore è poi così libero, dopotutto.
Ma quindi… è tutta una menzogna?
Direi di no.
I videogiochi sono arte?
Io direi di si.
Fortnite è arte?
Okay, magari facciamo che solo alcuni videogiochi sono arte. I falli che incisi sul banco di scuola con le forbici, non si dovrebbero mettere sullo stesso piano dei bassorilievi dell’Ara Pacis. No?
Allora dove tiriamo la linea?
A me piace pensare questo: il designer nel corso del suo lavoro deve per forza di cose scontrarsi con le limitazioni del mondo, per questo non è libero. Dalla forza di gravità che ti impedisce di costruire palazzi volanti, alle limitazioni tecnologiche, che ti impediscono di creare il computer ologramma di Iron-Man. I videogiochi sono l’ambiente in cui la maggior parte delle limitazioni fisiche svaniscono, permettendo così al designer di essere libero e diventare artista, se vuole.
Almeno secondo la definizione di Munari.
TL;DR: I videogiochi sono arte o design? Un po’ tutti e due.