''Do you hear it, little one? The buzzing in the air? The endless chatter of a thousand thousand voices, long dead? They are gone, and yet they speak. Neither here nor there. Does that seem familiar? Yes, it is quite amusing for a being in my predicament!''
Rain World è un indie platform-survival (come viene definito) poco conosciuto, sviluppato da Videocult, che alla sua uscita fece un po’ di clamore per i voti molto bassi che prese dalla critica strutturata, contrapposti, invece, ai voti molto alti del pubblico e al 91% delle recensioni positive degli utenti su Steam.
Io ho conosciuto questo videogioco anni fa, poichè è stato fin da subito un cult tra gli appassionati e lo si trova molto spesso, nelle board e sui reddit, citato tra i migliori indie di sempre. Lo comprai su Steam, l’ho iniziato più volte, ma dopo 40 minuti (massimo un’ora) ho sempre ceduto e abbandonato l’opera. Troppo difficile, troppo criptico, nemmeno riuscivo a comprendere lo scopo del gioco. Ma mi (ri)attirava sempre nel suo mondo. La sua estetica, il suo ermetismo, il suo mondo indecifrabile, una colonna sonora straordinaria mi affascinavano, mi ritrovavo spesso, quindi, a reinstallare il titolo, arrendermi dopo 40 minuti e disistallarlo. Oggi sono qui a parlarvene perché l’ho finalmente finito (una run a “media difficoltà”) e a dirvi quanto questo videogioco, ingiusto nelle sue meccaniche, sia un’opera imprescindibile per gli amanti del medium - ammetto che il fatto di averlo preso pure su Switch mi ha aiutato (avere un portale costantemente aperto su quelle lande martoriate dalla pioggia a una portata di click mi ha incentivato a non arrendermi, non a caso la Switch è la mia console e piattaforma preferita per videogiocare) -.
In Rain World impersoneremo un gatto-lumaca (slugcat) che a causa della pioggia si separerà dalla sua famiglia subito nel primo istante di gioco, da lì in poi dovremo cercare di sopravvivere alla pioggia che si scarica, ciclicamente, sul mondo, devastando tutto quello che tocca come un fiume in piena. Sfamarsi abbastanza per non morire di fame, trovare un rifugio, aspettare la pioggia e andare avanti, cercando di sfuggire al ciclo di vita e di morte e ai predatori di qualsiasi tipo. Ogni volta che andremo in letargo sbloccheremo un karma, ogni tot karma potremmo accedere a zone più avanzate di gioco, ogni volta che moriremo ci verrà tolto, invece, un punto karma, sopravvivere sarà la nostra priorità: meglio non essere curiosi e accettare il mondo che ci circonda, che buttarsi a capofitto verso l’ignoto.
Perché c’è sofferenza nel mondo? Cosa veramente lo causa, e come faremo noi, coscienze le cui vite sono così legate una all’altra, a venirne a capo? Per quale assurdo motivo la sofferenza è arrivata nel nostro mondo e con quale processo potremmo noi evirarla dalle nostre esistenze? Queste sono le 3 domande che Rain World, silenziosamente ci pone e a cui, ancora più silenziosamente e sommessamente, cerca di dare risposta grazie al suo gameplay, al suo setting, alla sua struttura, al suo design, alle creature che vivono il suo mondo, alla sua colonna sonora e alla sua narrativa. E per fare tutto questo, Rain World deve essere ingiusto, andando così contro la regola portante del(la maggior parte dei) videogame.
World (e game) design
“And through this ruined landscape, strange monstrosities and ancient mysteries, slugcat journeys alone. In a search for shelter, a search for answers, a search for hope. What fate a slugcat?”
Uno degli obbiettivi principali della maggior parte dei videogiochi è offrire ai giocatori una sfida leale e giusta, dando loro capacità maggiori e/o strumenti adatti a superare ogni ostacolo, ma questo non avviene in Rain World.
In Rain World ci troveremo spesso privati ingiustamente del nostro agire, poichè l’opera è costruita su regole “naturali”, in cui è il realismo del mondo stesso a essere il centro dell’opera e non il giocatore. Il titolo di Videocult ci farà vivere un viaggio ascetico in cui l’accettazione dell’ingiustizia del mondo sarà l’unica arma a nostra disposizione.
Per arrivare all’illuminazione dovremmo però imparare 4 lezioni importanti: vivere il presente, accettare il fallimento, comprendere il mondo e il suo realismo, cambiare continuamente.
Ciascuna delle lezioni che Rain World vorrà darci sono frutto di una visione monolitica dell’opera: il mondo di gioco deve essere vivo, esiste nonostante il giocatore e i suoi desideri, respira e vibra. Più capiremo quanto il mondo è indipendente da noi (giocatore), più riusciremo a districarci attraverso i suoi cunicoli e a capire le sue imperscrutabili regole. Niente ci aiuterà, nessuno ci verrà in soccorso (se non qualche tutorial essenziale), nessuno ascolterà la nostra disperazione. Prima accettiamo che sono il mondo, la sua fauna e la sua flora i protagonisti dell’opera, prima riusciremo a comprendere la natura del gioco e ad avere un’esperienza unica e incredibile.
Questa sensazione di vita reale è frutto di un game e world design imperioso che ora cercherò di farvi capire.
Il mondo di Rain World è costruito in modo da farti comprendere che il tuo slugcat sia un essere abbastanza intelligente da poter capire il minimo di quello che lo circonda e da poterlo sfruttare, ma non abbastanza evoluto (e quindi intelligente) da poterne trarre un significato e/o uno scopo esaustivo. Così tutto ci appare indecifrabile ed evasivo, così come lo apparirebbe al povero e solitario slugcat.
Non esistono forzieri e tesori, gli oggetti li trovi per terra, rovistando tra le macerie. Non c'è un inventario, solo il tuo stomaco e le tue due mani. Quando vuoi accedere alla mappa di gioco, lo slugcat chiuderà gli occhi e la mappa apparirà piano, piano a schermo, come se la piccola creatura la stesse ricreando nella sua memoria.
Quando muori puoi decidere se continuare o semplicemente osservare il mondo nel punto in cui sei morto, arriverai, così, alla comprensione, non solo di quanto il mondo sia realistico e le creature che lo popolano siano delle coscienze autonome, ma che esso vive, anche, senza di te. Non sei il perno centrale della sua esistenza, tutto continua anche senza il giocatore mosso dal suo obbiettivo e dai suoi desideri.
Le altre creature, in questa opera, sono eccezionali. Tutte le animazioni (non del giocatore) sono procedurali (prima volta, tra l’altro, che lo vedo in un videogioco). L’IA è, inoltre, estremamente avanzata. Ogni creatura, quindi, risulta viva, dinamica, fornita di un’intelligenza propria, e di un proprio linguaggio che nel tempo impareremo a comprendere. Alcuni comportamenti, di alcune specie di creature, rimarranno per sempre nascosti a molti giocatori. Con altre creature non capiremo mai se saranno ostili o meno, creando momenti unici di studio a distanza, in quanto anche loro vorranno capire il nostro agire. Alcuni esseri vivranno accanto a noi, innocui e troveremo in loro compagni di viaggio (e di sofferenza).
Uccidere le creature più grandi (solitamente predatori) non ti ricompenserà in alcun modo, sullo schermo rimarrà solo il loro cadavere, non ci saranno fanfare o achievement sbloccati. Tutto rimarrà solo nella nostra memoria.
Esattamente come il giocatore, anche le altre creature dovranno sfamarsi e poi trovare rifugio prima della pioggia, quindi non ti si getteranno, sempre, addosso cercando di ucciderti come degli stupidi e inetti personaggi di qualsiasi altro videogioco. Vedremo le altre creature, anche, interagire tra di loro, cercare di mangiarsi a vicenda, scappare una dall’altra o semplicemente litigarsi la preda, che nella maggior parte dei casi saremo noi: il giocatore.
Il sistema delle porte Karma, ti invita ad abitare zona per zona, a renderla tua, a esplorare l’area intorno alla tua tana. Mentre ti prepari per il prossimo letargo, dovrai abituarti a vivere quel pezzo di mondo, decidendo quando è conveniente andare oltre i confini precedentemente esplorati. Grazie a tutto questo, il cosmo di Rain World non risulterà, mai, come una serie di livelli da superare, ma come un mondo da abitare temporaneamente in zone diverse, da diversi punti di vista, un mondo da conoscere per viverci e sopravviverci.
Durante il tuo viaggio, ti muoverai di zona in zona, molto spesso, lasciandola invariata. Il giocatore, nei panni dello slugcat, non avrà, quasi mai, potere sul mondo e sulle altre creature, tutto è indipendente e interconnesso allo stesso modo.
Il suo artstyle in 2D super dettagliato (da come potete vedere nelle immagini e gif che metterò nell’articolo) con la telecamera fissa, permette di poter notare tutti i piccoli particolari, tutte quelle creaturine minuscole che vivono il mondo che ci circonda, tutti i materiali con cui sono state costruite le varie strutture artificiali abbandonate sullo sfondo. Tutto è estremamente curato e significativo, tutto è pregno di storie, di vita, passata e presente.
Il sistema del ciclo ambientale con la pioggia che si scarica abitualmente sulle lande di Rain World, portandosi via tutto quello che non riesce a trovare riparo, annunciata da tremori o da minacciose nuvole, rende il tutto ancora più vivo, e ci fa credere di essere dentro a qualcosa di reale e non a un oggetto estetico stazionario al servizio dell’utente.
Il gioco non ti mostra, mai, chiaramente quale via intraprendere, ti racconta una storia, ma non c’è una direzione precisa, non saprai mai quando la storia è iniziata, e così potresti arrivare all’end game senza aver mai visto nulla di narrativamente esplicito. Il titolo è costruito per raccontarti una storia se vorrai ascoltare, o se sarai abbastanza curioso (o fortunato) da trovare gli spunti narrativi principali.
Il punto cardine di tutta la struttura di Rain Wolrd è: l’ingiustizia. Spesso ti ritroverai in aree estremamente pericolose, senza essere riuscito ad affinare la tua tecnica di sopravvivenza, molte creature non ti lasceranno scampo, ad altre sarà estremamente difficile, se non impossibile, fuggire. Perderemo molte volte in questo gioco, perché la sua struttura, così estremamente realistica, se ne fregherà del giocatore e del suo divertimento, dal momento che il suo principale scopo è offrire all’utente un mondo vivo.
L’ingiustizia, che permea tutta l’opera, è stato il punto su cui la critica videoludica si è maggiormente accanita, e per cui il titolo ha ricevuto voti bassi, diversamente da quelli molto alti dei giocatori.
L’ingiustizia non solo è il perno principale della narrativa, ma dell’intera struttura del gioco, poiché Rain World vuole farci vivere nei panni di una creatura alle prese con la Natura e con i suoi istinti biologici. Prima capiamo che non dobbiamo ricercare il successo o un premio, prima il gioco ci stregherà. Uscire dalla propria tana, non temendo la sconfitta, ma anzi accettando una probabile morte ingiusta e tremenda, ci renderà liberi di poter assaporare un mondo che nasconde una bellezza avvolgente nel suo fantastico realismo.
Quando finalmente riuscirai a portare a termine il tuo viaggio, o il tuo scopo prefissato, ti renderai conto che è bastata un po’ di perseveranza per fare tuo un mondo che, sì è ingiusto, ma estremamente gratificante da esplorare. Quello che, solitamente, è un problema in termini di game design, ovvero un sistema sleale ed estremamente punitivo, in Rain World diventa il perno centrale, non solo del gameplay, ma della sua stessa narrazione, facendo del titolo di Videocult (quasi) un unicum nel medium.
Narrativa: dalla disperazione alla trascendenza.
Questa sezione conterrà spoiler, seppur minimi.
“The struggle, the cycles… It can all fade away like the morning mist beneath the glory of the sun. We found a way."
Soli, abbiamo perso la nostra famiglia, ci ritroviamo in un mondo post apocalittico, in cui viticci ed edere stanno crescendo sull’erose rovine di una civiltà antica. Prede e predatori popolano questo universo, in un ecosistema a quattro livelli in cui noi saremo, nei panni dello slugcat, nel penultimo gradino. Potremo cibarci di frutti e di piccoli pipistrelli/falene inermi (e forse chissà che altro), mentre ci difenderemo da altre creature (come grosse lucertole e avvoltoi) e da piante carnivore, perfettamente mimetizzate nell’ambiente. In tutto questo caos, che altro non è che la vita e la Natura, avremo brevi lassi di tempo, finestre che dovremo sfruttare per mangiare ed esplorare, perché poi arriverà: la Pioggia. La Pioggia che arriva e cancella la vita che non è riuscita a trovare riparo. Tutto è contro di noi, chissà se ritroveremo mai più la nostra famiglia.
La disperazione è il sentimento principe di Rain World.
Il viaggio non sarà che un risalire (anche metaforico) sulle guglie delle cattedrali tecnologiche, abbandonate da esseri superiori e antichi, un’ascensione in tutti i sensi. Nella nostra scalata, per la libertà dal ciclo naturale di vita e di morte, incontreremo anche altri esseri senzienti (artificiali o meno) che cercheranno di comunicare con noi in modo criptico, ma il linguaggio, di alcuni di loro, rimarrà per sempre sconosciuto agli occhi del nostro slugcat (e quindi di noi giocatori), poiché il povero animeletto nemmeno lo possiede un linguaggio.
Con la sua narrativa silenziosa fatta di contemplazioni e di incomprensioni arriviamo all’illuminazione che la Natura è amorale, e che mai potrà divenire morale. Arriveremo a questa conclusione in un, quasi, infinito ciclo di vita e di morte, in cui non solo noi soffriamo, ma anche le altre creature (a volte anche per colpa nostra), che popolano questo strabiliante mosaico di coscienze, hanno una vita disperante. La sofferenza esiste, ma non deve durare, magari un giorno potrebbe cessare per sempre.
Durante tutto il nostro viaggio scoraggiante e ingiusto, altre creature sono sempre state prede e predatori, o compagni volubili. Tutti siamo così a causa di una Natura indifferente, insondabile, indecifrabile; tutti costretti a uccidere e a essere uccisi, a strappare vite e coscienze, costretti alla sopravvivenza tramite il massacro e la disperazione: non c’è scampo… forse…
Chissà se riusciremo a privare il flusso delle coscienze dal suo ciclo di naturale sofferenza, o se alla fine solo noi, nei panni di un solitario slugcat, troveremo la salvezza e la trascendenza dal dolore terreno.
Conclusioni
"I hope... this was meaningful for you. It was for me."
Rain World è un gioco unico, tutto risulta evanescente e allusivo. Quasi niente ci viene spiegato, nemmeno la struttura del gioco, nemmeno il nostro scopo all’interno del mondo, e tanto meno il moveset completo del nostro slugcat1.
Chi proverà ad aiutarci, o a spiegarci quello che è successo e succede nel mondo, sarà per noi di difficile interpretazione.
Nella sua semplicità Rain World offre un’esperienza di gioco stratificata, complessa, totalmente immersiva. Gli sviluppatori sono stati capaci di creare un mondo coerente, affascinante, intrigante, vivo e pulsante. Ogni creatura, ogni pianta, ogni coscienza con cui dovremo interagire risulta essere totalmente realistica nei suoi approcci e modi.
Incredibile come un gioco così frustrante, sia riuscito a catturare me (nonostante vari tentativi), una persona con una pazienza molto limitata, e a farmi immergere e avvolgere nel suo bizzarro mondo. Un gioco unico, incompreso dalla “critica”, ma amato dal pubblico, che merita tutta la sua fama di gioco di culto. Per me un capolavoro, ennesima dimostrazione di come il mondo indie si muova su binari differenti rispetto ai titoli AAA, e di come spesso sia precursore di novità e di mode.
Ultima postilla finale, ho cercato di essere più vago e spoiler-free possibile (ho parlato solo delle primissime ore di gioco) nel mio raccontarvi di Rain World, perché quest'opera è una scoperta continua, una sorpresa dopo l'altra, pronta a stupirvi più volte di quanto possiate immaginare. Perdersi nell'esplorazione fa già parte di un racconto ancestrale, scoprire cosa si nasconde nei più oscuri cunicoli sotterranei e nelle vette più illuminate sarà una delle esperienze più appaganti mai provate in un videogioco.