Non credevo che amare Sable fosse qualcosa di cui vergognarsi. Anzi, avevo dato abbastanza per scontato che la maggior parte dei videogiocatori e della critica avessero apprezzato l’opera di Shedworks. E invece, come al solito, mi sbagliavo.
Non solo la critica non lo ha accolto particolarmente bene, ma gli stessi videogiocatori lo hanno snobbato e subito dimenticato (nonostante sia dal suo day-one disponibile su gamepass).
Mi ritrovo, quindi, nuovamente a mettere a repentaglio la mia reputazione per un’opera che, nonostante tutti i suoi difetti tecnici, a oggi, si è rivelata essere il mio Game of the Year.
“Scivolando sulle dune di sabbia, delicatamente appoggiate su un mondo antico, perduto e alieno, intraprendi il tuo mistico viaggio rituale, alla ricerca di un posto nel mondo, di una maschera che indosserai per il resto della vita.”
Sable è una ragazzina che si sottopone a un rito di iniziazione - il gliding - in una terra che sembra uscita dalla matita di Moebius. Il suo pellegrinaggio dovrà aiutarla a capire cosa fare della sua vita di adulta. La scelta è rappresentata dalla maschera che Sable deciderà di indossare alla fine del suo viaggio. Ogni maschera rappresenta uno specifico ruolo nell’intrigante e misteriosa società di questo enigmatico mondo. Saremo una guardiana, una scalatrice, una cartografa, una meccanica o altro?
Ognuna di queste maschere si ottiene combinando tre badges (il gioco è completamente in inglese), una volta messe insieme e indossata la maschera definitiva durante una cerimonia, avremo deciso il nostro percorso nella vita e, quindi, il gioco terminerà. Per ottenere queste badges Sable dovrà portare a termine favori per conto di personaggi che già hanno trovato il loro posto nel mondo, o raccogliere oggetti, o raggiungere luoghi inaccessibili ai più, o, semplicemente, esplorare liberamente le desertiche lande in cerca di qualcosa di significativo.
Grazie a tutto questo, Sable si presenta come un’opera estremamente personale, noi siamo gli autori dell’avventura stessa. Le nostre decisioni contano sul serio, il gioco potrebbe essere terminato in un paio di ore, dal momento in cui ottenere tre badges dello stesso tipo è tutto sommato facile.
Scivoleremo dolcemente sulle dune di sabbia con la nostra moto, compiendo imprese ordinarie, ma in un mondo straordinario.
Il mondo di Sable è in rovina, ma è pieno di bellezza.
La sua topografia è unica e significativa. Si scivola da un deserto di dune a foreste fossili, a pianure di sale, a cimiteri ossei di antiche bestie estinte. La solitudine totale e il silenzio assordante non faranno che aumentare la nostra attenzione verso i dettagli. Ogni tanto ci imbatteremo in misteriose strutture di civiltà aliene, antiche e perdute, di cui non sveleremo mai il significato. Spesso il nostro sguardo sarà catturato da relitti di astronavi cadute dallo spazio, al cui interno si celano misteri e segreti sulla storia del mondo. Templi con al loro centro statue di divinità incomprensibili. Torri costruite sottosopra che, invece di puntare al cielo, puntano al cuore della terra. Mongolfiere, carovane, villaggi abitati, città abbandonate. Tutto in Sable vuole raccontare una storia. Ma molto è lasciato alla nostra immaginazione. L'interpretazione ci sfuggirà come granelli di sabbia tra le dita, e ci porterà a perdere la sensatezza del reale nei miti e nelle leggende.
Non è un caso se l'avventura è per la sua totale interezza ambientata in deserti (reali e metaforici).
Il deserto è sinonimo di solitudine e desolazione, ma al contempo di libertà, di ascesi, di avventura, di misticismo e di magia. Sable inizia il suo pellegrinaggio, lasciandosi alle spalle affetti e amicizie, alla ricerca di sé stessa. Liberatasi dalla sua adolescenza, la ragazza diverrà un’adulta. Un viaggio mistico in un mondo che, proprio come lo stile grafico del titolo, confonde linee e forme rendendo tutto mutevole, sottile ed effimero, esattamente come le dune di sabbia spazzate via dal vento.
Cercare un senso alle storie potrà rivelarsi inutile. Svelare segreti potrebbe risultare inconcludente. Il significato è il rito stesso, un’ascesi che è opposta allo scivolare con cui Sable si muove tra le lande.
Molti videogiochi hanno cercato di dare importanza al viaggio, ma solo - o quasi - nel titolo di Shedworks diventa il perno centrale su cui si regge tutta la sua struttura, poiché proprio attraverso il nostro muoverci nel deserto diamo forma alla narrazione.
Attraverso la (non) comprensione del mondo, dei suoi miti e delle sue leggende, Sable, e quindi il giocatore, troverà il suo posto nell’universo.
A notti fredde e cupe, che sprofondano tutto il mondo in un assopito blu, si contrappongono giorni cocenti e radiosi, che restituiscono colore a tutto il cosmo. Di notte, mentre con la nostra moto, tecnologica e magica allo stesso tempo, solchiamo il deserto, ci imbatteremo in una struttura colossale e fatiscente, ma totalmente spenta nei colori, e allora pazientemente aspetteremo l’alba, affinché un sole bruciante possa rendere vita e splendore alle rovine di epoche che furono, così in solitudine potremo bearci della bellezza di un mondo in rovina.
La pazienza, l’attesa, la contemplazione sono chiavi portanti del titolo. Rallentare, per guardarsi intorno in cerca di quel qualcosa che possa attirare la nostra curiosità, o per godere di visioni di un mondo alternativo, è fondamentale per apprezzare appieno questo videogioco. Cercare di completare tutto in fretta, di raggiungere obbiettivi con facilità e di portare a termine il titolo il prima possibile distruggerà qualsiasi senso dell’opera. Passare dall’adolescenza all’età adulta richiede tempo, richiede, appunto, un rituale iniziatico.
Nonostante il titolo dia molta importanza alla solitudine e al raccoglimento, Sable fa parte di una comunità, la quale si può definire tale grazie ai suoi riti. I riti sono azioni simboliche che si tramandano e si trasmettono. I PNG, infatti, sanno che la ragazza sta compiendo il gliding e per questo la aiutano nel recupero di badges attraverso l’affidamento di “lavoretti” e di “missioncine”, nulla, quasi mai, di realmente complesso. Non siamo, quindi, realmente soli, siamo accompagnati dallo spirito della comunità, dagli avi e dalle future generazioni che intraprenderanno il pellegrinaggio iniziatico. Nella solitudine ritroveremo, anche, un senso di appartenenza.
In un mondo, il nostro, in cui i riti, che dettavano il tempo delle nostre vite, sono scomparsi, Sable è un attimo di respiro: ci insegna la pazienza, ci educa all’attesa, ci fa sentire parte di una comunità e ci permette di perdere del tempo nella sola contemplazione.
Come vi accennavo in precedenza, Sable è un gioco estremamente personale, siamo noi stessi a dare ritmo all’avventura, a decidere se seguire pedissiquamente le missioni che i PNG ci affideranno durante il nostro viaggio iniziatico, o se esplorare il mondo senza costrizioni.
Evoluzione naturale di The Legend of Zelda: Breath of the Wild - vedrete paragonare tutto ciò che amo a BOTW molto spesso -, l’opera di Shedworks spinge all’estremo l’anima situazionista dell’ultima epopea di Link (sono costretto a rimandarvi al video di Gekigemu). Tutto ciò che in BotW faceva “perdere tempo” (nemici, dungeons, armi, cucina ecc ecc) è stato soppiantato da una pura deriva esplorativa. Completamente soli, non avremo ostacoli, se non quelli dettati dalla nostra stessa immaginazione.
Per me era quindi impossibile non amare Sable. Il suo stile grafico, il suo misticismo ermetico, la sua natura solitaria, la sua musica diegetica, l’esplorazione come cuore pulsante stesso dell’opera, hanno reso il titolo il mio preferito, sicuramente, di questo 2021, e forse, chissà, degli anni a venire.
Durante una notte, in cui le stelle esplodono e il mondo è immerso in un gelido blu, ci siederemo, oziosi, su una duna a contemplare la desolazione in solitudine. E, nella desolazione e nella solitudine, troveremo serenità e bellezza.