La Cina sta ripercorrendo esattamente la traiettoria che gli Stati Uniti hanno fatto nel Novecento con una visione imperialista del mondo, per un Nuovo Secolo Cinese. L'ingresso nel WTO ha consentito ad una sottovalutata PRC di risultare cardine nel sistema capitalistico occidentale, diventando fulcro fondamentale della catena produttiva mondiale (uno dei motivi che mi fanno dubitare del un prossimo scoppio della WWIII) e creare in pochi decenni una nuova classe di milionari e miliardari legati a doppio filo al regime con i quali infiltrarsi nei gangli dell'economia globale. Ora è il turno della propaganda: arte, cinema (Zang Yimou è oggi un regista quasi integrale alla strategia del Partito) e ora i videogiochi.
Una nazione giovane è molto propensa a dedicarsi alla guerra che non una anziana (consiglio i video di Limes condotti sul tema sul canale YT della rivista).
traiettoria imperialista fino a un certo punto, per ora si assiste solo al tentativo di ritagliarsi uno spazio indipendente all'interno del sistema americano
Articolo con molti spunti interessanti (soprattutto sull'uso propagandistico della storia nei videogiochi a tema bellico e nel ruolo che questi anno nel reclutamento delle forze armate, mi ricordo c'erano molti articoli Interessanti sull questione sull'ormai defunto Deeplay.it), ma la correlazione guerra contro Taiwan=limitazione ai giochi senza fondo mi sembra deboluccia.
PS "questa decennale tradizione cinese di controllo della popolazione" mi sembra un'affermazione che andava elaborata di più, non solo con un paio di esempi, altrimenti sa un po' di orientalismo
Una possibile interpretazione della correlazione la fornisce Marco Bianchi nel suo commento, che però (pur nella sua ironia) parte da un presupposto fallace: non si può pensare che nel 2021 le guerre si combattano con l'utilizzo della popolazione civile.
Insomma, pare anche a me che ci sia una carenza di argomentazioni a supporto dell'articolo.
Un'analisi molto interessante. Concordo sul fatto che questa mossa mostri un'interesse specifico e ben informato del governo della republica per il medium.
Più che una correlazione stretta con il futuro tentativo di annettere Taiwan, io vedrei una correlazione tra il mercato del tempo libero e l'ossessione del controllo di un regime repressivo.
Se viviamo nell'era in cui le ore di tempo libero sono letteralmente risorse da spendere per una o per un'altra azienda, è abbastanza facile comprendere che a un regime come quello cinese interessi averne quanto più possibile il controllo. Il videogioco, come forma d'arte e di intrattenimento sempre più diffusa, influenza capillarmente immaginari e stili di vita. Un regime non può permetterselo, infatti cerca sempre di controllare le forme d'intrattenimento: cinema, teatro, letteratura, videogiochi. In questo senso si può dire che la Cina ha le idee chiare sui videogiochi: ha capito che il medium ha pari dignità e "pericolosità" di tutti gli altri.
Non è che le arti, in regime liberale (nel senso di non autoritario), siano guidate da una mano centrale al fine di propagandare idee liberali. Si tratta di un processo spontaneo in cui è difficile distinguere la volontà di chi produce da quella di chi consuma. Produttori e consumatori sono alla base dell'evoluzione dell'arte stessa.
Questo non va bene a un regime autoritario, che deve propagandare il più possibile.
Perdonami, ma trovo il nesso tra le mire espansionistiche della Cina nei confronti di Taiwan e la limitazione nell’uso di determinati videogiochi un po’ forzato. Le paure del governo cinese si legano a motivazioni più profonde, che coinvolgono la politica nel suo insieme. L’ideologia comunista cinese (che si basa su una fortissima propaganda) non può permettersi di allentare la presa ideologica che ha (o presume di avere) nei confronti delle generazioni più giovani, e il tipo di intrattenimento offerto dal medium videoludico rappresenta un ostacolo, se non addirittura un nemico da sconfiggere. Se le nuove leve della Cina perderanno fiducia nel governo e nella sua ideologia, o peggio, cominceranno (o dovremmo dire “continueranno”, visto che il processo è già in corso) ad abbracciare la cultura occidentale e tutta la ventata di liberalismo e democrazia che ne deriva, per Xi Jinping mantenere lo status quo a livello politico potrebbe diventare complicato.
Vedo da questo commento, ma anche da un altro paio, che c'è stato un grosso fraintendimento.
L'articolo non vuole fare una "correlazione stretta" (Fedrico Sala), dire "guerra contro Taiwan=limitazione ai giochi" (Marco Romano), oppure fare un "nesso [forzato] tra le mire espansionistiche della Cina nei confronti di Taiwan e la limitazione nell’uso di determinati videogiochi" (tu).
Semplicemente avevo intenzione di inserire questo avvenimento in un ambito molto più ampio, che spesso non viene contemplato dalle riviste di settore e non solo. Evidentemente ho sbagliato a dare per scontato certe cose, dato che i commenti di replica all'articolo hanno aggiunto anche cose corrette, ma che io davo per ovvie.
Non fraintendermi, il tuo articolo è molto interessante e non avrei mai commentato se non mi avesse catturato l’attenzione. Il mio voleva essere solo un ampliamento del discorso, utile a inquadrare meglio la situazione cinese in relazione ai videogiochi, ma il tuo discorso resta assolutamente valido.
Ma lo sai che comincio a essere a favore dei giochi senza fondo se impediscono ai ragazzini di diventare militari da mandare in guerra contro Taiwan?
A proposito di Cina e videogiochi, mi permetto di segnalare un mio altro video che riguarda una vicenda davvero eloquente: https://www.youtube.com/watch?v=qULbSe1VVzg
Oh, ma quale altro sito di viggì ha l'esperto di geopolitica? Cioè
La Cina sta ripercorrendo esattamente la traiettoria che gli Stati Uniti hanno fatto nel Novecento con una visione imperialista del mondo, per un Nuovo Secolo Cinese. L'ingresso nel WTO ha consentito ad una sottovalutata PRC di risultare cardine nel sistema capitalistico occidentale, diventando fulcro fondamentale della catena produttiva mondiale (uno dei motivi che mi fanno dubitare del un prossimo scoppio della WWIII) e creare in pochi decenni una nuova classe di milionari e miliardari legati a doppio filo al regime con i quali infiltrarsi nei gangli dell'economia globale. Ora è il turno della propaganda: arte, cinema (Zang Yimou è oggi un regista quasi integrale alla strategia del Partito) e ora i videogiochi.
Una nazione giovane è molto propensa a dedicarsi alla guerra che non una anziana (consiglio i video di Limes condotti sul tema sul canale YT della rivista).
Complimenti per l'articolo!
traiettoria imperialista fino a un certo punto, per ora si assiste solo al tentativo di ritagliarsi uno spazio indipendente all'interno del sistema americano
Se siete interessati alla geopolitica, Lorenzo ha anche un canale YouTube: "In Geopolitica Veritas"
Articolo con molti spunti interessanti (soprattutto sull'uso propagandistico della storia nei videogiochi a tema bellico e nel ruolo che questi anno nel reclutamento delle forze armate, mi ricordo c'erano molti articoli Interessanti sull questione sull'ormai defunto Deeplay.it), ma la correlazione guerra contro Taiwan=limitazione ai giochi senza fondo mi sembra deboluccia.
PS "questa decennale tradizione cinese di controllo della popolazione" mi sembra un'affermazione che andava elaborata di più, non solo con un paio di esempi, altrimenti sa un po' di orientalismo
Una possibile interpretazione della correlazione la fornisce Marco Bianchi nel suo commento, che però (pur nella sua ironia) parte da un presupposto fallace: non si può pensare che nel 2021 le guerre si combattano con l'utilizzo della popolazione civile.
Insomma, pare anche a me che ci sia una carenza di argomentazioni a supporto dell'articolo.
Un'analisi molto interessante. Concordo sul fatto che questa mossa mostri un'interesse specifico e ben informato del governo della republica per il medium.
Più che una correlazione stretta con il futuro tentativo di annettere Taiwan, io vedrei una correlazione tra il mercato del tempo libero e l'ossessione del controllo di un regime repressivo.
Se viviamo nell'era in cui le ore di tempo libero sono letteralmente risorse da spendere per una o per un'altra azienda, è abbastanza facile comprendere che a un regime come quello cinese interessi averne quanto più possibile il controllo. Il videogioco, come forma d'arte e di intrattenimento sempre più diffusa, influenza capillarmente immaginari e stili di vita. Un regime non può permetterselo, infatti cerca sempre di controllare le forme d'intrattenimento: cinema, teatro, letteratura, videogiochi. In questo senso si può dire che la Cina ha le idee chiare sui videogiochi: ha capito che il medium ha pari dignità e "pericolosità" di tutti gli altri.
Non è che le arti, in regime liberale (nel senso di non autoritario), siano guidate da una mano centrale al fine di propagandare idee liberali. Si tratta di un processo spontaneo in cui è difficile distinguere la volontà di chi produce da quella di chi consuma. Produttori e consumatori sono alla base dell'evoluzione dell'arte stessa.
Questo non va bene a un regime autoritario, che deve propagandare il più possibile.
Perdonami, ma trovo il nesso tra le mire espansionistiche della Cina nei confronti di Taiwan e la limitazione nell’uso di determinati videogiochi un po’ forzato. Le paure del governo cinese si legano a motivazioni più profonde, che coinvolgono la politica nel suo insieme. L’ideologia comunista cinese (che si basa su una fortissima propaganda) non può permettersi di allentare la presa ideologica che ha (o presume di avere) nei confronti delle generazioni più giovani, e il tipo di intrattenimento offerto dal medium videoludico rappresenta un ostacolo, se non addirittura un nemico da sconfiggere. Se le nuove leve della Cina perderanno fiducia nel governo e nella sua ideologia, o peggio, cominceranno (o dovremmo dire “continueranno”, visto che il processo è già in corso) ad abbracciare la cultura occidentale e tutta la ventata di liberalismo e democrazia che ne deriva, per Xi Jinping mantenere lo status quo a livello politico potrebbe diventare complicato.
Vedo da questo commento, ma anche da un altro paio, che c'è stato un grosso fraintendimento.
L'articolo non vuole fare una "correlazione stretta" (Fedrico Sala), dire "guerra contro Taiwan=limitazione ai giochi" (Marco Romano), oppure fare un "nesso [forzato] tra le mire espansionistiche della Cina nei confronti di Taiwan e la limitazione nell’uso di determinati videogiochi" (tu).
Semplicemente avevo intenzione di inserire questo avvenimento in un ambito molto più ampio, che spesso non viene contemplato dalle riviste di settore e non solo. Evidentemente ho sbagliato a dare per scontato certe cose, dato che i commenti di replica all'articolo hanno aggiunto anche cose corrette, ma che io davo per ovvie.
Il che mi rende un po' perplesso.
Non fraintendermi, il tuo articolo è molto interessante e non avrei mai commentato se non mi avesse catturato l’attenzione. Il mio voleva essere solo un ampliamento del discorso, utile a inquadrare meglio la situazione cinese in relazione ai videogiochi, ma il tuo discorso resta assolutamente valido.
Articolo davvero molto interessante. Complimenti!