Questo è un roguelike:
O meglio, questo è Rogue versione per MS-DOS, classe 1984.
I roguelike sono quei giochi che nascono proprio da Rogue, scelto come progenitore dalla storia dei videogiochi, e che, in generale, rientrano nella cosiddetta interpretazione di Berlino, i cui due punti fondamentali sono (a mio parere): livelli generati casualmente, morte permanente e turni1.
In genere improntati sull’High Fantasy, i roguelike ci inseriscono in un patchwork di racconti letterari (tra cui spicca ovviamente l’universo di Tolkien), spesso, solo un pretesto di gameplay per cominciare a esplorare.
Da un certo punto di vista sono l’anti “soulslike”, nessun level design che racconta una storia, se si muore si ricomincia tutto e, la “lore”, spesso esiste soltanto al di fuori del gioco stesso2.
Ma hanno anche dei difetti: non sono facili da installare per un utente moderno, i loro siti sembrano agli albori del web (spesso lo sono) e il gameplay è quello di un gioco a turni gestito da menù, spesso impliciti, con comandi legati alle tastiere usate negli anni '80.
E la grafica di default è ASCII.
Messa così, sarebbe assurdo pensare di giocarci. Togliendo dal discorso il “retro-gaming” infatti, non sembrano offrire molto, tranne un mal di testa e un tunnel carpale.
MA, e naturalmente c'è un ma, altrimenti che scrivo a fare, adoro giocare ai roguelike.
Non a Rogue (provatelo qui), che risulta decisamente anziano, ma ad alcuni suoi nipotini, per me fra tutti, Angband e Nethack.
Perchè adoro giocarci? Ora ve lo dico.
La grafica
L’obiezione ovvia è: “Qui non c’è nessuna grafica”, e la risposta che posso dare è: una volta che sai “leggere” il gioco, la grafica la fai tu.
Un po’ come con la lettura, che non ha bisogno necessariamente d’illustrazioni per stimolare la più fervida immaginazione, i roguelike esistono nella mente del giocatore e l’interfaccia con la quale si interagisce è quel minimo di rappresentazione che serve per togliere il peso mnemonico del doversi ricordare la forma del dungeon, gli oggetti nell’inventario, la posizione dei mostri, del giocatore ecc.
Usare la grafica con caratteri ASCII permette di trattare il gioco come fosse un libro, il limite dell’immedesimazione dipende dalla propria immaginazione.
E tutto ciò è meraviglioso.
Naturalmente, per i più visivi, esistono anche pacchetti grafici che mettono sprite 2D al posto dei caratteri ASCII, ma personalmente, trovo che data la natura indie di questi titoli, l’effetto degli sprite spesso porti a una sorta di “uncanny valley”, l’amatorialità del prodotto si sente molto di più.
Il gameplay
Per semplificare, i roguelike sono un ibrido tra una partita a scacchi e una partita a D&D. I turni rallentano l’azione, ma per poter sopravvivere bisogna posizionarsi bene nel dungeon, avere una tattica per spostarsi tra le stanze e combattere, una strategia a lungo termine per riuscire ad arrivare in fondo senza morire.
La morte del personaggio assume un significato maggiore, perché è permanente, del nostro elfo arciere rimarranno solo i nostri ricordi, un file log e un nome nella classifica.
Questo meccanismo di permadeath crea una vera e propria tensione, in cui ci si dimentica di star giocando a un gioco a turni: febbrilmente si prova a salvare il proprio personaggio e, inevitabilmente, nella fretta, si sbaglia, perdendo ore di gioco in una manciata di secondi3. Senza contare che in giochi come Nethack si può morire anche d’indigestione.
Questo meccanismo di ansia che si innesca quando il personaggio è in una brutta situazione è davvero raro nel gaming moderno e forse il divertimento che provo è proprio come una boccata di aria fresca.
Se avete mai giocato a uno shoot ‘em up, se avete mai sconfitto un boss in un soulslike, se avete mai dimostrato un teorema matematico da soli, sapete cosa si prova.
Il costo
Senza farla troppo per le lunghe, la maggior parte dei roguelike sono lo sforzo di un gruppo di appassionati che ci lavora nel proprio tempo libero, sono quindi perlopiù gratuiti. Spesso fanno parte di quell’insieme di software che viene chiamato Open Source, e ciò fa si che si possano trovare porting per quasi ogni piattaforma.
Insomma, fermate i vascelli pirata, potete giocare praticamente a tutto in tempo zero e gratis.
Conclusioni
Spero di avervi messo quantomeno curiosità, non intendo essere completo ne pretendo oggettività (e ci mancherebbe pure).
Il genere è poco conosciuto in Italia4 e penso valga la pena parlarne. Siamo in pochi a giocarci, ma trovo abbia qualcosa da dire.
Per chi non è
Se siete giocatori occasionali che amano i giochi story-driven, o trovate che l’auto-save e il quick-save siano un’invenzione importante quanto la penicillina, forse non fa per voi.
Ah, dimenticavo, anche se avete una vita sociale.
Dove iniziare
Dove iniziare quindi, se ci si vuole approcciare a questi giochi?
Di roguelike ce ne sono un’infinità e anche di moderni, con grafica, musichette e, per i più giovani di voi, anche con meccanismi free2play.
Per il vostro smartphone, non posso che cosigliarvi: Shattered Pixel Dungeon.
Per il pc fisso/portatile: Dungeon Crawl Stone Soup.
Se vi divertite, RogueBasin è decisamente un ottimo sito per continuare a esplorare il genere.
Commenti graditi su quello che vi pare , come ad esempio l’hype per Dwarf Fortress che approderà su Steam.
Molti giochi attuali di successo (es: The Binding of Isaac, Hades) non mantengono l’impostazione a turni e spesso vengono chiamati “roguelites”.
C’è da dire che ci sono anche parecchi punti in comune con i soulslike, entrambi i generi puntano sul dungeon crawling e sulla difficoltà superiore alla media, con approcci diversi però. Nei soulslike, si impara morendo e riprovando nella stessa partita, nei roguelike ciò che si impara lo si applica nelle run successive.
Nella community di Nethack, questo fenomeno è spesso chiamato YASD, Yet Another Stupid Death.