Stress, Paura, Panico; un gioco cosí coinvolgente che l'ho abbandonato
Non ho passato lo stress test di Darkest Dungeon
La recente release in early access di Darkest Dungeon 2 e l’articolo di Diego a riguardo mi han fatto ripensare al mio tempo con il primo capitolo del gioco e mi sono accorto che fu una delle esperienze emotive più forti che abbia mai avuto con i videogiochi; al pari di To The Moon e di Rakuen, ma suscitando emozioni ben diverse.
Partiamo dall’inizio: è il lontano 2020, la gente è chiusa in casa per la prima volta e il nostro Diego è infervorato con Darkest Dungeon; manda infatti lunghi audio in macchina decantando le qualità del titolo; quindi, seppur Wesa lo prendeva un po’ per il culo per la forte componente casuale, mi feci convincere e comprai il gioco. (Anche perché in quel periodo avevo proprio voglia di un combat system a turni sfidante, cosa non così facile da trovare)
Provai un paio d’ore a difficoltà Radiant (cioè facile) per capire le meccaniche e poi mi buttai in quella standard, Darkest. Alla fine il gioco mi piacque, ancora ora mi piace parecchio, ma droppai molto presto avendo battuto appena un boss e mezzo1; Steam dice che in totale ci dedicai appena 13 ore.
Seppur il gioco abbia secondo me vari difetti (ripetitività, esplorazione troppo banale e tanta, tanta, troppa casualità in ogni meccanica) nessuno di essi ha veramente influito sul drop; è stato invece quello che per me è l’aspetto migliore del gioco: la capacità di farmi immergere in esso.
Come da titolo durante una sessione di gioco ero fondamentalmente sempre stressato, impaurito e / o in panico.
Avete presente quella sensazione che si ha durante un’esame importante, magari non ripetibile, magari definitorio del proseguimento della vostra carriera? Bene, è il livello di stress e paura che provavo io durante l’esplorazione di un dungeon. Oppure l’emozione di confessare il proprio amore a un’altra persona e poi magari essere rifiutati? È al livello di vedere il proprio personaggio sottoposto a uno stress test e fallirlo. Infine vi siete mai ritrovati in una situazione di merda senza la minima idea di come uscirne? Vi auguro di no, ma io ad esempio mi sono ritrovato per qualche giorno da studente squattrinato a Zurigo (una delle città più costose al mondo) senza un posto dove stare ed è stato brutto, molto brutto, brutto quasi quanto veder morire un personaggio e dover provare (sperando in un RNG buono) da indeboliti a uscire dal dungeon senza perdere definitivamente l’intero party.
In questi parallelismi ovviamente una differenza importante c’è: il gioco si può chiudere per pensare ad altro, la realtà no ed è sempre lì; se anche ti distrai per un po’ essa ti aspetta e si ripresenterà sempre pronta a opprimerti (a meno di patologie psicologiche estremamente gravi). Vi giuro però che le emozioni provate erano le stesse identiche e il mio corpo le somatizzava allo stesso modo (battito forte e accelerato, mal di stomaco, iperventilazione, sudore freddo); secondo me il fenomeno è una figata (nel senso di interessante) a pensarci da fuori, un po’ meno mentre ne ero soggetto.
Ora sarebbe interessante cercare di fare un’analisi delle meccaniche di gioco per capire come mai funzionano così bene nel coinvolgermi, ma non sono uno psicologo (immagino sia il suo campo?) e cercare di capire me stesso da solo mi sembra un po’ troppo complesso. Andrò quindi ad elencare e descrivere quelle che ritengo più pertinenti senza fare collegamenti psicologici; alcune cose sono ovvie e molte altre non ho la competenza di comprenderle ed esporle.
Partiamo dallo stress, la meccanica che contraddistingue Darkest Dungeon. Esso è fondamentalmente una barra a fianco di quella della vita che va dallo 0% fino ad arrivare al 200%. Questa tendenzialmente andrà a salire durante l’esplorazione di un dungeon per diversi motivi: esplorare al buio, attacchi particolari dei nemici, critici subiti, caduta in trappole e la presenza di altri personaggi già stressati nel party. È invece molto dura che scenda fuori dell’hub di gioco, puó capitare se nel party c’è un personaggio virtuoso, durante le soste (iperlimitate a seconda della dimensione del dungeon) o durante altri eventi estremamente occasionali. La meccanica ha un primo effetto quando raggiunge il 100%, a quel punto il personaggio ha un cosiddetto stress test e potrebbe diventare afflitto calando di caratteristiche e ogni tanto stressare i compagni, rifiutarsi di usare una determinata mossa oppure eseguire un’azione casuale. Il personaggio potrebbe però anche diventare virtuso rimuovendo stress dai compagni e ottenendo un bonus alle caratteristiche, questa cosa è però (per lo meno nella mia esperienza) molto rara. Se lo stress raggiunge il 200% la situazione per il personaggio diventa grave, subisce infatti un’infarto che riduce la vita a zero, cioè portandolo alle cosiddette Death’s Door o alla morte stessa.
Altro elemento fondamentale é l’RNG, esso pervade qualsiasi cosa nel gioco; la quantità di danni inflitti o subiti, i critici, i drop, il contenuto di scrigni e equivalenti, il risultato dello stress test ecc… Questo fa in modo che nulla è sicuro e qualsiasi strategia è fallibile; ad esempio un danno critico subito è talmente impattante da poter uccidere un personaggio che si pensava al sicuro oppure é possibile che una cassa invece di dare dei premi va a causare stress al party. Questa casualità onnipresente fa quindi in modo che non si sappia mai cosa potrebbe succedere nel lungo o nel breve periodo. Magari non è il massimo di game design, ma nel causare stress al giocatore funziona benissimo.
Ultima meccanica che voglio descrivere qua è la punitività del gioco. Alla base ha un combattimento a turni difficile: prima di entrare in un dungeon va pianificato il party in base alla strategia e alle possibilità dei personaggi (quali mosse attaccano quale slot, possibilità di combo, uso eventuale di sanguinamento, veleno o cure eccetera) in combattimento vanno poi scelte sempre con discrezione le mosse da usare, ad esempio è importante evitare di riordinare party o nemici involontariamente perché romperebbe tutta la strategia. Senza scendere in ulteriori dettagli non è quindi come la maggior parte dei jrpg in cui si farma un po’ e poi la maggior parte delle volte è sufficiente spammare “attacco” e basta, ma c’è sempre da ragionare ed è facile sbagliare e fallire (o magari semplicemente l’RNG é avverso e si perde anche giocando bene). Cosa accade quindi se per qualsiasi motivo un personaggio cala a zero hp? Esso per fortuna non morirà direttamente, ma verrà portato alle Death’s Doors, cioè riceverà vari malus e un pochino di vita indietro; nel caso in cui però gli hp tornassero di nuovo a zero (e non ci vuole molto, gli hp che ti vengono restituiti sono pochi) il personaggio muore. Permanentemente. E con se si porta tutto l’equipaggiamento senza che esista alcun modo di recuperare nulla (ed è dura dire addio ad oggetti rari ottenuti a culo dopo ore e ore di gioco). Bisogna ripartire da capo con un personaggio nuovo che magari è della stessa classe, ma sarà di livello più basso, con meno abilità e senza i tratti permanenti che aveva accumulato il povero morto.
In conclusione vorrei tirare le somme come se questo articolo fosse stato una recensione; vale la pena o no di comprare e provare Darkest Dungeon? Io consiglio il gioco a chiunque; indipendentemente da tutto la possibilità di anche solo provare un prodotto che vi immerge nelle meccaniche tanto da star male è un’esperienza praticamente unica e interessante. Magari la mia reazione in particolare è sovradimensionata rispetto a quella che potreste provare voi, ma sono sicuro che comunque ne vale la pena.
Che significa battere mezzo boss? Nulla, in realtà ne ho battuti due, ma uno credo fosse secondario e mi piace la frase scritta in questo modo